Veleni in Procura: “Una nuova pagina politica per liberare Siracusa dalle consorterie”. L’opione di Roberto Fai

Roberto Fai

SIRACUSARiceviamo, e volentieri pubblichiamo, un autorevole intervento di Roberto Fai, coordinatore in provincia di Siracusa di Sinistra Italiana e già presidente del Collegio siciliano di Filosofia, sulla vicenda dei “veleni in Procura” e la recente ispezione della prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, le cui conclusioni, a quanto pare, porrebbero a rischio trasferimento per “incompatibilità” tre magistrati, il procuratore capo Francesco Paolo Giordano, ed i sostituti Giancarlo Longo e Maurizio Musco, quest’ultimo già al centro di vicende giudiziarie, trasferito in Sardegna ma di fatto ancora a Siracusa.

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Dalle prime indiscrezioni di stampa, sembrerebbe che l’esito delle ispezioni decise dal CSM, che hanno visto a Siracusa per alcuni giorni la presenza di magistrati ispettivi all’interno del Tribunale di Siracusa (al fine di svolgere indagini e acquisire informazioni dettagliate sulle ragioni e le origini della preoccupante situazione conflittuale esplosa tra settori della magistratura inquirente), starebbe per tradursi in provvedimenti di trasferimento di alcuni magistrati.

Tali provvedimenti, a quanto pare, dovrebbero riguardare anche il procuratore capo Francesco Paolo Giordano, il quale in questi anni è apparso gestire con misura ed equilibrio una situazione che purtroppo è andata assumendo, negli ultimi mesi, una dinamica fuori controllo.

Il conflitto che covava da tempo dentro la magistratura siracusana ha visto affiorare un clima opaco e vischioso, che ha toccato l’apice nell’intervista rilasciata alcune settimane addietro dal magistrato Longo ad un quotidiano locale. In essa, il magistrato dichiarava senza mezzi termini (ricorrendo ad una pesante espressione metaforica) che alcuni colleghi lo volevano “morto”, perturbando l’opinione pubblica con un tono ed un linguaggio davvero sorprendenti e inauditi per l’ambiente giudiziario.

Non si intende assolutamente, da parte nostra, precostituire alcun giudizio, bensì farci portavoce di una diffusa sensazione di sgomento che questa vicenda (e il clima che vi sta alle spalle) ha già innescato nell’opinione pubblica cittadina, con riverberi in campo nazionale, dal momento che un’inchiesta giudiziaria su alcuni magistrati siracusani è aperta presso il Tribunale di Messina, per competenza, aggiungendo ad essa l’indagine conoscitiva del Csm, di cui sopra.

Il turbamento che i cittadini hanno ricavato nel leggere le dichiarazioni del magistrato Longo e nel seguire l’ingigantirsi informativo di questo conflitto (non dimentichiamolo: conflitto che mette in rilievo il venir meno della “autonomia” che dovrebbe connotare l’azione del cosiddetto “terzo potere costituzionale”) ha una forte connessione con il quadro fortemente preoccupante che negli ultimi anni ha investito l‘azione amministrativa del Comune a seguito delle inchieste giudiziarie in corso da parte di quella magistratura siracusana, oggi sotto l’occhio del ciclone.

Vicende, il cui oggetto esplosivo riguarda l’accertamento della verità giudiziaria su fatti ed episodi eclatanti in cui è visibile e forte l’intreccio tra politica, affari ed interessi economici e ruoli istituzionale del territorio. In questo contesto va aggiunto il corposo servizio che il numero 20 del 14 maggio scorso del settimanale “L’Espresso” dedica ad un’inchiesta giudiziaria che getta una pesante ombra di corruzione su alcune sentenze del Consiglio di Stato, il cui ex presidente, Riccardo Virgilio, è accostato, in operazioni che lo riguardano pesantemente, ad alcuni avvocati del foro siracusano, significativamente presenti, nel loro ruolo professionale, nelle vicende legate ad altre inchieste giudiziarie che hanno ad oggetto scelte e delibere dell’amministrazione comunale di Siracusa, sino a riaprire più che legittimi dubbi sul pesante risarcimento a carico del Comune per la vicenda “Open Land”.

Tutto ciò evidenzia un quadro torbido ed opaco: una vera e propria miscela vischiosa che dà la misura di relazioni gelatinose che affiorano all’interno di vicende economiche ed istituzionali di Siracusa e che hanno determinato l’inchiesta del Csm sul Tribunale di Siracusa.

Non va inoltre trascurato il fatto che al centro vi è il contesto della politica e dell’amministrazione della città, ambiti direttamente coinvolti, in questi ultimi quattro anni, in un turbinio di episodi e vicende che hanno certamente esasperato il conflitto tra la Giunta e il principale partito di riferimento, lungo quella torsione di una «via giudiziaria al governo della città», avvitando l’intero ceto politico e istituzionale, afferente al PD.

Se le ispezioni del Csm di questi giorni e i conseguenti provvedimenti anticipati rivelano un quadro quanto meno non attento, da parte di alcuni magistrati, nel garantire con trasparenza il ruolo di una loro piena e rigorosa autonomia, anche in merito alle inchieste aperte in questi anni e che hanno al centro atti amministrativi e ruoli politico-istituzionali, tuttavia non possono essere sottaciuti i profondi limiti progettuali, di strategia politica e di relazione trasparente con la società e l’opinione pubblica da parte sia della Giunta Garozzo che del PD, affinché le scelte amministrative e la competizione istituzionale riuscissero a dare prova di un alto profilo politico e programmatico nel governo della città, proprio al fine di neutralizzare il clima di opacità che coinvolge e destabilizza alcuni ambiti di importanti Istituzioni e lambisce il ruolo della classe dirigente di Siracusa.

Augurandoci che la magistratura siracusana (con la città, che, in anni recenti, ha dovuto già assistere al trasferimento d’autorità di un altro procuratore capo della Repubblica, dr. Rossi, e del suo collaboratore, dr. Musco, coinvolti in comportamenti non corretti e poco esemplari, accertati dal Csm), possa trovare al più presto l’autorevolezza, il prestigio e l’autonomia che si richiedono ad un ruolo così centrale e decisivo, come quello costituzionale della funzione giudiziaria, è giunto il momento di sottrarre la città e la provincia di Siracusa al preoccupante clima di degrado etico-politico e di opacità istituzionale che lambisce e coinvolge anche le Istituzioni del governo politico della città, al fine di poter garantire (forse, più opportunamente: “ricostruire”) un governo democratico e trasparente degli interessi materiali e sociali del territorio siracusano.

Ciò che preoccupa in tale contesto è la percezione di un quadro di degrado della sfera e dell’agire economico-politico, sino a lambire diversi ambiti professionali e istituzionali, dando la sensazione che segmenti decisivi del ceto dirigente/professionale del territorio – nelle sue varie collocazioni – abbiano smarrito ogni “etica della responsabilità”, al punto da rompere ogni argine di legalità, nella ricerca personalistica di arricchimento, dando luogo a cordate o consorterie familistiche di gruppi di potere e nel consolidamento di «poteri forti» che connettono trasversalmente ceti, figure, ambiti professionali e ruoli istituzionali.

Siracusa ha urgente necessità di aprire una inedita pagina politica costituente, in grado di rompere definitivamente questo cordone micidiale di interessi pre-costituiti, di “rendite” istituzionali, che si traduce anche nella selezione di un ceto politico-amministrativo, inconcludente e incapace, non all’altezza di rompere definitivamente le trame sotterranee di perpetuazione e/o consolidamento di interessi economico-finanziari del territorio, da parte di spregiudicati gruppi di potere.

Occorre uscire dal peso ingombrante di un personale politico che da decenni alimenta in modo autoreferenziale le proprie fortune o il proprio ruolo di potere, svilendo le esigenze e le opportunità democratiche di Siracusa.

                                                                                                                                                                                            Roberto Fai

 

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