Regionali. Vince solo Cinque Stelle, perde solo Matteo Renzi

Uno degli incontri tra 5 Stelle e PD
Uno degli incontri tra 5 Stelle e PD

Vince anche la Lega, ma esiste la ragionevole sensazione che questo raddoppio dei  consensi del partito di Salvini sia soltanto utile per stabilire i rapporti di forza all’interno del centrodestra, mentre l’eccellente risultato dei Cinque Stelle, anche qui è solo una sensazione, sia destinato a crescere.

Ilrisveglio” di Silvio Berlusconi è stato utile solo in ottica antirenziana, nel senso che l’ex cavaliere è riuscito ad arginare lo sconfinamento di Renzi nel “campo avverso”, nel centro del centrodestra. Appare chiaro, inoltre, che il PD (seppur mantenga 5 Regioni su 7), senza l’ala radicale della sinistra, ritorna ad essere un partito normale.

Il fallimento vero è quello di Matteo Renzi, non già per il calo di consensi,  prevedibile, sia perchè una parte, la sinistra più radicale appunto, si è smarcata, sia perchè è fisiologico e storicamente provato che le forze di governo, non solo in Italia, arrancano nelle elezioni “intermedie”. La debacle renziana va ricercata nella probabile fine di un progetto, quello del Partito della Nazione, un partito che guarda sia a sinistra che a destra. Un fallimento ascrivibile soltanto all’incapacità di Matteo Renzi di vedere una politica al di fuori di se stesso.

Mentre è chiara, lampante, manifesta e “limpida”, la vittoria del Movimento di Grillo. I motivi di questo risultato sono tanti, e volerne privilegiare alcuni sarebbe un errore. Se non è un motivo, potrebbe essere un auspicio, il ridimensionamento del padre-padrone del movimento, Beppe Grillo.

Gli uomini chiave del partito sono cresciuti e, probabilmente, possono fare a meno di un capo “impresentabile”, non già per il Codice Etico, ma per quello della politica. Il vero salto di qualità dei Cinque Stelle può avvenire soltanto quando il movimento sarà consapevole del fatto che la società è una ed indivisibile, solo quando, abbandonerà questa “spocchiosità”, questo sentirsi superiore al resto del mondo e comincerà ad instaurare un dialogo con gli altri, senza snaturasi, senza rinunciare ad alcuna sua idea.

Il pregio più importante dei Cinque Stelle è la sua capacità di ascoltare il popolo, ma ascolta soltanto il suo popolo. Se mira a governare l’Italia è obbligato ad aprire tutte le sue orecchie, per recepire le esigenze che riguardano la totalità dei cittadini.

Se vogliamo, il progetto di Cinque Stelle e quello del PD renziano è il medesimo, costruire un Partito della Nazione, ma entrambi, seppure con modalità diverse, sbattono nello stesso muro. La ricerca assoluta ed esclusiva del consenso, a qualsiasi costo.

Una necessità di “inglobare”, di far diventare tutto Cinque Stelle o tutto renziano, sembrano incapaci di rinunciare al centro elettorale, evitando la politica. I Cinque Stelle con un populismo irresponsabile, e Matteo Renzi con la peggiore vecchia politica, ma per entrambi i casi, il tentativo è quello di accorpare, di fare delle Democrazie Cristiane, di raggiungere maggioranze numeriche.

Chi dei due, o insieme, nell’interessante ipotesi del neo presidente della Puglia, Michele Emiliano, riuscirà a scegliere la politica, a prediligere il dialogo tra tutte le componenti della società, potrà aiutare l’Italia. Entrambe queste forze sono potenzialmente capaci di dialogare, anche tra di loro, ma soprattutto con il popolo, solo se evitano la tentazione dell’unanimità, dove il popolo diventa soltanto un mezzo.

Destra e sinistra radicale, almeno in Italia, sono tagliate fuori dalla storia, per la loro incapacità cronica e storica di dialogare.

Il dialogo sarebbe anche l’antidoto per fermare questa costante astensione al voto. La maggioranza degli italiani, ha scelto di non scegliere, ha scelto di non partecipare.

Questo rimane l’elemento più disastroso dell’intera faccenda, nessuno è indispensabile
ma tutti siamo utili.

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