La poesia è dolce come il miele e scorre come l’acqua.
A volte narra tristezza, morte, delusioni, amarezze, sofferenze, dispiaceri, contrarietà, disillusioni, ma c’è qualcosa che l’armonizza tutta, una specie di motivo di fondo, quella sublime soavità nel raccontare.
Leggere una poesia nella mente è la più rara delle esperienze umane.
Se dalla “metafisica della poesia” ci spostiamo alla “cruda realtà”, il leitmotiv della nostra vita diventa quell’individualismo cinico, che accompagna i nostri gesti.
Perchè non fare come i Greci.
Un popolo smisuratamente competitivo, comprese la necessità di spostare il “confronto” dalla guerra al gioco, e si inventarono le Olimpiadi. In palio c’era l’onore, diventare eroi.
Noi italiani eccelliamo nella retorica, ci scontriamo sul nulla, siamo degli ottimi attori nel recitare finte tragedie.
La scenografia, il contesto è eccellente, smisuratamente sublime, in ogni dove, dalle Alpi alla Sicilia.
Quindi, saliamo a bordo della “barcaccia” Italia e competiamo in cultura, alla faccia della crisi.
Invece di inscenare liti furibonde sulle gesta eroiche di Alessandro Di Battista, sulle scorte di Matteo Renzi, e sulle olgettine di Silvio Berlusconi, ci confrontiamo sulle invenzioni si Leonardo Da Vinci, sulle scoperte di Cristoforo Colombo e sull’immenso pensiero di Giovanni Falcone.
Siamo o no, un popolo di inventori, navigatori e pensatori… e allora.
Prima di tutto la cultura.