Trattativa. La deposizione di Claudio Martelli

Nel processo sulla Trattativa l’ultimo attore, in ordine di apparizione, che da comparsa spera di transitare al ruolo di protagonista, è l’ex ministro Claudio Martelli.

L'ex ministro socialista Claudio Martelli
L’ex ministro socialista Claudio Martelli

A prescindere dal giudizio politico sull’ex ministro, due sono le certezze assolute. L’immensa opinione che l’ex delfino di Bettino Craxi ha di se stesso, al punto da definirsi “esagerato” nella lotta alla mafia, ed una memoria di ferro, sopravvenuta nel corso degli anni, da fare invidia anche agli omeridi, capaci di ricordare fino a dodicimila versi tutti a memoria, ma anche al conte Pico della Mirandola, di cui si racconta la magia di recitare la Divina Commedia al contrario.

“Sulle stragi si era aperta una dialettica” interna all’esecutivo, “a me e Scotti ci volevano togliere perchè avevamo esagerato nella lotta alla mafia”.

Il Fatto Quotidiano, nel ruolo di addetto stampa delle Procure, a firma di Giuseppe Pipitone, scrive: “a tirare in ballo l’ex ministro Martelli nell’inchiesta sul conto protezione – da cui scaturì un avviso di garanzia e le successive dimissioni – furono l’imprenditore socialista Silvano Larini e Licio Gelli, il maestro venerabile della Loggia P2, nell’inedita,  unica, veste di collaboratore della magistratura”.

In sostanza la P2 capitanata dal suo maestro Licio Gelli, nell’interesse dei soliti ignoti, i poteri occulti, determina prima l’avviso di garanzia e  poi, le conseguenti dimissioni del ministro, il tutto combinato per favorire Cosa Nostra, “cacciando” gli avversari esagerati, come Martelli, e quindi proseguire nella trattativa.

Ora lacollaborazione inedita” avvenne anni dopo, ma supponiamo che la tesi regge, nella sostanza il venerabile capo della P2, insieme a Bettino Craxi, furono i mandanti delle dichiarazioni spontanee dell’imprenditore Larini, il cui obbiettivo finale era “distruggere” l’allora ministro.

Complotto ci fu, ma che centra la trattativa?

Basta rileggersi i giornali dell’epoca.

Martelli era da tempo nel mirino di Bettino Craxi, in quanto traditore, non solo politico, ma anche personale del segretario in capo e di tanti altri socialisti. Lo stesso Larini, in un intervista  a Repubblica, nel settembre del 1999, alle domande “Perchè tirò in ballo Martelli? Fu ispirato da Craxi?”,  rispose: “Ma per piacere. Quando io ero latitante, Martelli era ministro della Giustizia, vedeva spesso il mio avvocato, mi sarei aspettato visto quello che avevamo combinato insieme che chiedesse se mi serviva qualcosa. Invece niente. Quando mi costituii però mandò un avvocato al mio difensore chiedendo se per favore Larini poteva evitare di fare il suo nome… Il mio avvocato gli rispose: siamo stati lasciati soli troppo tempo”.

“Complotto ci fu, ma che centra la trattativa”?

Ci aiuta Antonio Ingroia, “…ormai canta nei matrimoni” (cit. Pietrangelo Buttafuoco), il quale, in un raro frangente di estrema lucidità, sfuggendo al suo naturale desto/dormiente, ha dichiarato: “Io che ho fatto quel mestiere fino a qualche anno fa, comprendo e capisco quando i pubblici ministeri si innamorano di una tesi investigativa, di una ipotesi accusatoria, cercano di valorizzare tutti gli elementi che possono apparire ambigui, interpretabili, ma che sono mirati con la finalità di rafforzare la tesi investigativa”.

Ecco, a volte cerchi la chiave della macchina come un disperato, metti sottosopra casa, spedisci un avviso di garanzia a moglie e figli, presunti colpevoli della sparizione, nel frattempo la notizia raggiunge parenti, amici, conoscenti vicini e lontani… e poi, trovi le chiavi, sono nella tasca dei pantaloni.

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