
Il passato qualcosa avrebbe dovuto insegnare. La storia, quella scritta e tramandata da generazioni, è chiara, anche se, come sempre, si esprime in un linguaggio oracolare, oscuro ed indecifrabile.
Ogni singolo avvenimento nella vita dell’uomo ci sembra nuovo, originale, diverso e ci coglie impreparati. È la natura che si prende gioco di noi e ci fa apparire le cose come se fossero diverse, ma sono il ripetersi di eventi accaduti.
Ogni tentativo del passato, vicino e lontano, di modificare il nostro vivere insieme, è fallito, prima o poi tutte le volte in cui l’uomo ha cercato di migliorare il suo rapporto con gli altri, non è andato oltre un certo limite.
I processi della storia sono sempre voluti da una parte della società per avere il sopravvento sulle altre. La destra attraverso “i colpi di stato”, la sinistra con “le rivoluzioni”. Ma sempre di conflitto si tratta.
Una società è come una casa, non si può dividere, ogni singola mattonella appartiene a tutti, nessuno può impossessarsene come titolare unico. La società è una ed indivisibile, come una casa, se cerchiamo di stipulare un atto di divisione, per esempio, da un lato i bianchi e dall’altro i neri, da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, da un lato gli onesti e dall’altro i disonesti, determiniamo conflitti tra gli inquilini della società.
Le pseudo rivoluzioni fanno il gioco delle classi dirigenti che non sono “la politica”.
L’esempio più clamoroso della storia, peraltro recente, si è verificato in Francia. La borghesia spodesta l’aristocrazia, diventa essa stessa aristocratica, e fu necessaria un altra rivoluzione.
La rivoluzione politica per il popolo non serve, occorre la rivoluzione culturale del popolo.
Possiamo rileggere tutta la storia dell’umanità come un conflitto tra gli esclusi e gli inclusi, una lotta tra queste due classi sociali, con la quale non si cerca di includere gli altri, ma relegarli tra gli esclusi. Gli esclusi si includono ed escludono chi prima era incluso, e poi si ricomincia
L’umanità è uguale a se stessa da una vita, un passo avanti con la destra costringe la sinistra allo stesso gesto, e viceversa, ma rimaniamo fermi sempre sullo stesso punto.
La Grecia, ancora una volta, dopo millenni, ritorna sul palcoscenico del mondo per affermare “l’uomo come misura di tutte le cose”.
Il referendum del 5 luglio è sulla dignità dell’uomo e riguarda tutta l’umanità.
Alex Tsipras è un grande leader politico, ma ha un difetto, continua a definirsi comunista, ed anche nella percezione pubblica ricopre questa connotazione di parte. Nella realtà è qualcosa in più, molto di più dell’essere comunista.
Pur consapevole del fatto che i greci possano votare diversamente rispetto alle sue indicazioni, cioè non accettare le imposizioni della Troika, la politica finanziaria europea (al momento nei sondaggi prevale il No a Tsipras, ovvero il Si alle richieste europee), sceglie di mettere il popolo davanti alle sue responsabilità. Non sarà la scelta comunista che avrebbe potuto fare da solo, sarà la scelta del popolo.
Tra una pagnotta, anche se piccola o la propria dignità.
Come se ad un cittadino italiano, ad ognuno di noi, si chiedesse: “Vuoi lavorare per 20 euro al giorno, altrimenti morto di fame?”
Forse ci siamo, è venuto il tempo della storia, in cui l’uomo rivendica non più diritti per se stesso ma per l’intera umanità.
Un leader politico, immenso, che non è il solito comunista, ha posto una domanda, a tutti gli uomini e le donne del mondo, a tutti gli inquilini della casa.
Dobbiamo rispondere.
Ho però il presentimento che questo referendum non si farà, abbiamo paura di cambiare la nostra storia.