Messina – Bufera sul Consorzio Autostrade Siciliane, quello della Siracusa – Rosolini, finita sotto inchiesta tempo addietro, in quanto non realizzata in sicurezza e, tra l’altro, non ancora completata dopo tutte le polemiche e gli anni.
Il tratto “malmesso” e malrealizzato” che riguarda la provincia di Siracusa, potrebbe, ma non è stato detto nulla in proposito, essere tra le carte raccolte dalla Dia di Catania, che stamattina hanno portato agli arresti domiciliari, per corruzione e turbativa d’asta, due funzionari del Consorzio e sei imprenditori, nell’ambito di un’inchiesta sull’appalto per il sistema di sorveglianza per l’A18 e l’A20. Al centro dell’inchiesta un appalto del 2013 che, dopo essere stato revocato, sarebbe stato bandito con somma urgenza e ribasso concordato.
Sono otto gli arresti domiciliari, disposti dal Gip di Messina, nell’ambito dell’operazione “Tekno” che ha coinvolto imprenditori e funzionari del Consorzio autostrade siciliane. I provvedimenti riguardano cinque imprenditori: i fratelli Giacomo e Antonino Giordano, di 43 e 46 anni; Francesco Duca, 46 anni; Rossella Venuto, 43 anni; e Giuseppe Iacolino, 32 anni. Due i dirigenti del Cas, Letterio Frisone, 61 anni, e Filadelfio Scorza, 55 anni.
Agli arresti domiciliari è stato posto anche il componente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Irccs Policlinico di San Matteo di Pavia, Filippo Filippi, di 72 anni, accusato di induzione indebita: avrebbe imposto all’imprenditore Giacomo Giordano l’assunzione di un romeno nella sua ditta che aveva vinto l’appalto di pulizia nell’ospedale lombardo, in cambio della liquidazione di lavori eseguiti dalla società.
Il Gip ha interdetto dall’attività imprenditoriale per due mesi Andrea Valentini, 54 anni e Antonio Chillè, di 53, e disposto il sequestro preventivo dei beni di Letterio Frisone fino ad un massimo di 100 mila euro. Quest’ultimo provvedimento fa seguito alla stima della presunta tangente che il dirigente del Cas, in qualità di responsabile del provvedimento della gara al centro dell’inchiesta, secondo la Procura di Messina, avrebbe ottenuto, oltre alla ristrutturazione di un suo immobile, per fare ottenere lavori a imprenditori “amici”.
C’è anche il rifiuto di una tangente negli atti dell’inchiesta “Tekno” della Procura di Messina sul Consorzio autostrade siciliane. La dazione sarebbe avvenuta da parte di Giacomo Giordano, che è stato posto agli arresti domiciliari dalla Dia di Catania, nei confronti di un dirigente della Aeroporti di Roma (Adr) che era preposto alla gestione dell’appalto di pulizia nello scalo Leonardo da Vinci di Fiumicino svolto da una società riconducibile all’imprenditore, la Meridional Service.
Per ottenere eventuali riduzioni sulle penali contrattualmente previste in caso di inadempimenti nella prestazione del servizio Giordano avrebbe lasciato una busta con buoni carburanti per 500 euro. Il funzionario dell’Adr, non soltanto ha rifiutato la tangente, ma ha provveduto ad informare superiori e collaboratori dell’accaduto e a restituire successivamente la busta. Il reato ipotizzato dalla Procura di Messina è di istigazione alla corruzione.
Nel pomeriggio con una nota, il presidente del Consorzio Autostrade Siciliane, Rosario Faraci, ha “preso atto dei provvedimenti scaturiti dalle conclusioni delle indagini della Dia e rimane in attesa che l’Autorità giudiziaria, nel cui operato ha dichiarato di riporre l’assoluta fiducia, stabilisca la verità riservandosi ogni azione utile a difesa della immagine dell’Ente e della sua condotta. Conferma – si legge ancora nella nota – l’impegno di continuare nell’azione di risanamento dell’Ente necessaria per garantire, nella massima legalità e trasparenza, l’eliminazione di qualsiasi comportamento ‘deviato’ insieme con l’ammodernamento della intera rete autostradale nonché la realizzazione di tutti i lavori programmati nei tempi previsti”.