
Andrea Scanzi è un giornalista del Fatto Quotidiano assai conosciuto ed apprezzato nell’area antirenziana. Ogni tanto mi capita di seguire le sue esternazioni, impregnate da un inaudita ed impressionante violenza verbale, alla pari di quelle sciorinate dal suo maestro.
Sul Fatto di ieri ha concesso un intervista a se stesso. Semplicemente geniale.
Lo schema è questo. Ha trasformato in domande alcuni commenti dei suoi lettori, quelli più critici, e si è dato delle risposte. Il fine ultimo dell’ironica genialata è quello di dimostrare la sua immensa e sopraffina coerenza.
Ora, “sta cosa” della coerenza a tutti i costi, che rimane il punto G, la fissazione di tutti quelli dell’onestà, conduce, inevitabilmente, “a cambiare la verità pur di raccordarla al proprio pensiero”. Ma questo è manifesto come la vittoria della nazionale contro il Belgio.
Ma il verbo “scanziano”, alla pari di quello del suo direttore, non è l’antirenzismo, come fu l’antiberlusconismo, e neppure gli spudorati “asfalti” alla Maria Elena Boschi ed a tutte le donne di Matteo.
Niente di tutto questo, ma “l’autocelebrazione”.
Però, l’allievo nel tentativo di superare il maestro, commette un errore capitale.
Nelle vesti di un Protagora o di un Gorgia, raggiunge l’apice della sua retorica, “l’orgasmo narcisista”, quando spiega, senza alcuna ipocrisia, l’eccezionalità di aver concesso un’intervista a se stesso, manifestando la sua genialità.
Il maestro si “ammira” allo specchio, e con fare serioso, esalta la natura capace di aver regalato soltanto a lui, e pochi eletti, bellezza e bravura insieme, l’allievo svela il trucco.
*****
Entra nell’archivio di “Aporie“