Un presidio di giustizia per gli immigrati. Presentato il progetto della Caritas nella Diocesi di Noto

Un momento della presentazione

NOTO – Immigrazione, accoglienza e integrazione, sono le tre caratteristiche di un fenomeno, ormai dilagante, che coinvolge tutti gli uomini, le donne, i bambini e quelle intere famiglie che abbandonano in preda alla disperazione i loro Paesi d’origine dilaniati dalla guerra e dalle distruzioni per dirigersi altrove, verso l’ignoto, alla ricerca di un futuro seppur incerto.

Per questa gente vulnerabile ed eternamente in fuga da zone di povertà estrema, è molto facile, se non all’ordine del giorno, diventare vittima dello sfruttamento lavorativo, terreno fertile in settori come l’agricoltura.

A questo proposito anche nella Diocesi di Noto, è stato presentato un progetto di “Presidio” della Caritas.

«Lavorare la terra è un tema e un’attività antica di questo territorio, che diventa attuale per l’inserimento degli immigrati e per il supporto necessario che permetta loro di integrarsi e di difendere la loro dignità».

Così il vicario foraneo di Pachino, don Gaetano Asta, ha aperto stamane l’incontro, sottolineando inoltre quanto fosse importante che la presentazione sia avvenuta proprio durante la visita pastorale del vescovo mons. Antonio Staglianò, e come sia stato rapido il percorso che, in soli tre mesi, ha permesso di avviare una presenza fatta di ascolto, sostegno e offerta di punti di riferimento.

Un ascolto che ha permesso di dare voce ai migranti, il tutto documentato con un video contenente delle interviste tratte dalle esperienze pilota avviate due anni fa in Italia, ai loro bisogni e alle loro speranze.

«Un presidio di giustizia, anzitutto – spiega il direttore della Caritas, Maurilio Assenza -, per una presenza coraggiosa a fianco dei più deboli, di quelli che troppo spesso restano senza voce, immigrati e anche lavoratori del territorio. Un presidio per il futuro del territorio chiamato a misurarsi sempre più con il mondo. Un presidio di Dio, un farsi presente di Dio che nei migranti chiede accoglienza ma anche che i migranti avvertono presente più di quanto non accada nel nostro stanco Occidente».

Questa l’essenza, ovvero, il significato sotteso alla nascita di questo ambizioso progetto. Facendo  notare, altresì, quanto la presenza della comunità missionaria intercongregazionale, presente da un anno in Diocesi e in Sicilia, sia un dono davvero prezioso e che, come sostiene la stessa, “spolverano stelle”, accompagnando e promuovendo impegni corali.

Sono degli impegni che, come ha spiegato il missionario don Gianni Treglia, si svilupperanno in due direzioni: una presenza stabile ogni martedì presso i padri canossiani,  e una presenza itinerante che faccia visita ai migranti nei loro posti di lavoro e nelle loro case.

«Sono come gli operai dell’ultima ora del vangeloha detto il pastore valdese Francesco Sciottoche ci dicono la fatica di chi deve attendere il lavoro. E il fatto che ancora il padrone chiami quelli dell’ultima ora dice che c’è sempre una speranza anche per gli ultimi».

Dopo aver esternato la gioia nel trovarsi di fronte a persone senza alcuna distinzione per il credo religioso, ha introdotto una breve quanto intensa preghiera interreligiosa invocando quel Dio che è ha accompagnato sempre chi viaggia, affinché renda tuti capaci di ascoltare ma soprattutto di accogliere.

«Un onore e una restituzione diventa accogliere il migrante, una restituzione di dignità per loro e per noi», ha continuato il canossiano padre Pietro Bettelli , invocando nella preghiera la capacità di “dirsi” amici, di vivere da amici che attendono, diventano presidio sicuro, di ritrovare in Dio un riposo. Nell’ordinario, senza opere straordinarie e vanagloria.

Dopo è stata la volta del giovane iman musulmano Daudà che viene dal Malì, il quale ha ricordato come il povero non è tanto colui non ha di che mangiare, ma chi non ha come spostarsi, chi non può vivere in  libertà. E in lingua araba ha pregato per loro e per tutti con una preghiera di benedizione.

A concludere l’incontro è stato il vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, che ha sottolineato come sia importante professare un cristianesimo non convenzionale, un cristianesimo che continui l’incarnazione di Dio nel mondo, operando giustizia come la sa dare Dio, includendo chi arriva per ultimo. Esprimendo gioia per questo segno di Chiesa in uscita, sulla linea di Papa Francesco.

 

 

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