Parigi – “Je suis Charlie”. Questo pomeriggio per il mondo intero la parola d’ordine è solo questa. E con questa affermazione identitaria, il mondo intero si schiera contro la violenza e il terrorismo a difesa di quelle libertà, compresa quella di espressione e di pensiero, e quindi di informazione, che l’attacco alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo ha messo dolorosamente in discussione.
Tre giorni di terrore e il sangue innocente versato di giornalisti, vignettisti, poliziotti, cittadini inermi, che il mondo non poteva ignorare, così come non si possono ignorare i tanti morti innocenti per mano di un fanatismo incomprensibile teso solo a sopraffare e a privare il prossimo di quelle libertà sacre e intoccabili che evitano di trasformare gli esseri umani in schiavi.
Milioni di persone, con le matite in mano, diventate simbolo di queste libertà, insieme a 45 capi di Stato provenienti da tutto il mondo, hanno dato vita ad una grande e storica manifestazione per ribadire la contrarietà dei popoli al terrorismo e la ferma volontà di difendere le libertà fondamentali dell’uomo.
Seppur nelle contraddittorie, a volte, vicende dei singoli Paesi dove importanti diritti dell’uomo sono ancora temi di lotta e di conquista, ad iniziare proprio dalla libertà di avere una terra, di poter esprimere liberamente il proprio pensiero, il proprio credo e i propri sentimenti, Place de la Republique a Parigi questo pomeriggio è stata testimone di un messaggio di cambiamento non violento.
In quella piazza, in prima fila, fianco a fianco al presidente francese Hollande, c’erano il palestinese Abu Mazen e l’israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente ucraino Petro Poroshenko e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, il re Abdallah II di Giordania con la regina Rania e il premier turco Ahmet Davatoglu, Angela Merkel e Matteo Renzi, David Cameron e Marano Rajoy, solo per citarne alcuni.
Questa immagine e quel messaggio di libertà, che è l’esistenza stessa di Charlie Hebdo, deve poter contaminare ogni capo di Stato, ogni religione, credo, pensiero politico, e ogni uomo e donna di questo pianeta, di cui tutti dobbiamo avere rispetto. Domani sarà troppo tardi.
E non c’è più neanche tempo per la retorica senza pensare a come sarà il domani figlio della “indifferenza”. Si! “Je suis Charlie”.