
È esattamente come dicono Albano e Romina. Prima la cantavano “Felicità“, adesso la propongono come ricetta di vita: “C’è bisogno di felicità nella vita“.
Insomma quell’ottimismo che si traduce nell’osservare un bicchiere e percepirlo come mezzo pieno.
Quindi, riassumendo, per Berlusconi i ristoranti pieni sono sinonimo di prosperità, per Renzi, gli italiani si stanno arricchendo.
Ricchi e felici, a sentire le maggioranze, mentre le opposizioni, chiaramente, puntano sul “tristi e poveri”. Come al solito la verità sta nel mezzo, cosi come in quel mondo delle favole di Sanremo c’erano “I Ricchi e Poveri”, nella cruda realtà ci sono “I Ricchi ed I Poveri”.
Che poi tutta quella “predicazione melodica nazional popolare” sull’ottimismo, arriva sempre dall’alto, da chi “se la passa bene“, da “quelli che” seppur la crisi, riescono in qualche modo, a dir loro, a “tirare a campare“.
La storia insegna a diffidare.
Una regola, confermata da eventuali eccezioni, è quella che vuole coloro i quali si impegnano nella soluzione dei problemi del popolo sovrano – che girano l’Italia tutti con la Costituzione in mano, alcuni “insegnanti di etica“, altri “dispensatori di gocce di felicità” – non soffrono i problemi dei comuni mortali, sono avanti, grazie alla felicità ed a cospicui stipendi.
Ecco, l’ideale non è quello di mandarli a casa per sostituirli con altri che, immancabilmente, una volta in quel posto, faranno le stesse cose, “cantano”, quanto, considerato che nella politica c’è qualcosa da prendere, “scendiamo” tutti in campo.
Il popolo in prima persona “si butta” in politica, interessandosi dei propri problemi.
Bene, si dice non solo che “chi fa da se fa per tre“, ma anche che non tutti i mali – leggi crisi – vengono per nuocere, e allora, “facciamo di necessità virtù” e “buttiamoci in politica“, tutti.
A Sanremo si canta come nella politica… sono solo canzonette… nazional popolari.