
Ci sono donne che vivono per la loro festa, quella dell’otto marzo. Una volta l’anno l’orgoglio femminile si erge al centro dell’immaginario della donna e del mondo intero.
Solo apparenza, poi nulla.
Due pensatrici del secolo scorso, esprimono la sostanza dell’essere umanità: il totale.
Hannah Arendt e Simone Weil, due donne capaci di pensare il mondo per intero. Il loro pensiero si può riassumere in un’unica frase, come una sintesi: “Un circolo virtuoso, io penso senza ringhiere, quindi agisco, e se agisco posso pensare senza alcun limite”.
Né Simone Weil né Hannah Arendt, si sono esaltate alle battaglie femministe, la forza del loro pensiero era la “neutralità”, la laicità. Entrambe hanno colto con amarezza un elemento, “la vulnerabilità degli esseri umani alla violenza”, dovuta alla naturale propensione di ognuno di noi di cercare “vendetta” e non giustizia.
La storia ci insegna che ogni espressione umana che inizia da una parte, per rivendicare le proprie esclusioni è destinata a fallire, ripetendo gli stessi errori di chi si “combatte”.
Ci occorre guardare alla totalità, al plurale.
Non possiamo negare l’evidenza, siamo diversi, la prima differenza è quella tra uomo e donna, poi tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri, e così via. Nella storia l’umanità ha cercato di superare queste diversità che sono della natura.
L’umanità ha scelto la strada più contorta, impossibile: eliminare le differenze, invece di conviverle ed esaltarle. Tutto è utile alla natura, anche le differenze, che sono un patrimonio.
Quel che conta è l’agire, spesso le rivendicazioni sono parole, semplice retorica.
La Weil, nel 1943, prima elaborò un pensiero, poi propose l’azione. Un corpo di infermiere, chiamate a dare i primi soccorsi ai feriti sui campi di battaglia. Il coraggio femminile da contrapporre al fanatismo delle SS tedesche.
Ebbene, i capi della resistenza francece giudicarono folle questa idea. Come sempre nel passato, come oggi, occorre distruggere il nemico (diverso) e condannarlo senza appello, per prenderne il posto, e ricominciare le lotte ad esclusione.
Le parole, come le feste, servono soltanto a determinare dei leader, i quali traslocano dalla condizione di deboli a quella di forti, lasciando inalterate le condizioni del resto dell’umanità.
Pensare al plurale, senza ringhiere è una necessità della storia.






