Oggi, si fa un gran parlare, spesso a sproposito, di genocidi. Eppure, ne esiste uno sotto i nostri occhi che, accecati di egoismo come siamo, non riusciamo a vedere: “il genocidio dei migranti”.
La differenza tra l’Olocausto e questo “genocidio dei migranti”, non è abissale.
Quello che li distingue, che li rende diversi, è innanzitutto il luogo della “persecuzione”, via mare, anziché via terra, e poi c’è un’altra differenza, determinante, i ruoli sono invertiti. Allora una parte del nostro popolo, in quanto ebrei, fu coinvolta in prima persona e inquadrata verso la morte.
Adesso siamo noi a fare il popolo eletto, ed è la storia che si ripete.
Questo deve farci riflette.
Nella sostanza, se le cose riguardano gli altri ci rapportiamo ai fenomeni in modo diametralmente opposto. Per cui, quando ci siamo detti “mai più genocidi”, probabilmente intendevamo dire “mai più nei nostri confronti”.
C’è da dire che sono tantissimi e non possiamo, materialmente, accoglierli tutti, ma la soluzione non è quella di favorire la loro eliminazione fisica, in modo da diminuirne i numero degli arrivi.
Occorre assolutamente studiare modalità con cui evitare che accada quello che accade.
Ma noi siamo immersi nell’acqua ghiacciata, con tutti i vestiti, ubriachi di polemica politica, con lo scopo di raccattare voti, consenso e potere.
Come al solito, come in tutte le cose, ci schieriamo, una parte per il NO e l’altra per il SI, avvolti da pregiudizi, preconcetti e tabù. Sappiamo soltanto farci del male.
Dalla storia abbiamo imparato un unico insegnamento: “non è maestra di vita”. Siamo capaci di ripetere gli stessi errori con una frequenza allarmante.
Apriamo, tra di noi, un dialogo, un confronto, senza paraocchi su un problema che non è loro, ma assolutamente nostro, riguarda l’umanità nel suo insieme.
Se vale la legge del più forte, aspettiamoci dalla Germania un espulsione di massa degli italiani, dagli Stati Uniti un divieto di ingresso per tutti gli europei, e da un ipotetico popolo extraterrestre, un genocidio dell’intera umanità.
Il nazismo non arrivò come un fulmine a ciel sereno, non basta, non è sufficiente spiegarlo con l’ascesa di un sanguinario Adolf Hitler, era la conseguenza storica dell’abbandono della vita in comunità, quando a prevalere fu l’egoismo individuale e di popoli, quando la persona, l’individuo, era soltanto un numero, nelle mani di altri individui.
Esattamente quello che avviene oggi, con l’aggravante che appare ingigantito all’ennesima potenza, al punto che, possiamo prepararci al peggio.
Il dialogo, solo il dialogo nelle comunità, può salvarci dalla barbarie dell’egoismo.