
Ha destato un certo scalpore il “cambio casacca” di un consigliere comunale nel ragusano.
Eletto con una lista civica, manco il tempo della proclamazione, è passato con il Partito Democratico.
Ora, il “cambio casacca” è una pratica assai diffusa in Italia. Spesso, quasi sempre, avviene in una duplice direzione, in entrata, per ottenere qualcosa, o in uscita, perchè qualcosa è stata negata.
L’esercizio della funzione di parlamentare senza vincolo di mandato è previsto nella “migliore” Costituzione del mondo, voluta dai “migliori” padri costituenti.
Oggi questo nobile istituto è in crisi a causa di un abuso nella “mobilità” dei politici, però, non si può cancellare un diritto costituzionale fondamentale, anche perchè, l’abolizione dell’articolo 67, non è la soluzione del problema. Peraltro a chiederne la “gridata cancellazione” è chi sottopone i propri parlamentari al proprio vincolo.
Ecco dove casca l’asino.
Un parlamentare eletto non rappresenta i suoi elettori, ma l’intera nazione.
La politica nel corso degli anni si è trasformata al punto che un politico ormai rappresenta esclusivamente se stesso, ed in casi eccezionali gli interessi dei suoi elettori.
Al contrario, per risolvere il problema è necessario modificare quell’articolo nella direzione di fortificare l’assenza di vincolo, ogni eletto, una volta eletto, cessa di essere vincolato ai suoi elettori ed al suo partito, per ergersi a rappresentare dell’intero popolo sovrano, vincolato agli interessi della totalità.
La questione del “cangiamento”, sotto l’aspetto politico, nasce essenzialmente dalla necessità di raccattare maggioranze, a volte per sopravvivere, altre per vivere più a lungo, quindi più che il vincolo di mandato, oggetto della nostra attenzione, non può che essere la “governabilità”.
Bene, premesso che la politica italiana vive per comparti stagni, incomunicabili tra di loro, e al momento prevale la politica dell’inciucio e non quella del compromesso, la soluzione non sarà l’Italicum, una legge figlia del non dialogo, ma qualcosa di simile. Dalle elezioni deve scaturire un vincitore, con i numeri per governare, se nel corso della legislatura vengono a mancare, si ritorna alle urne.
Ma l’Italia è un paese strano, dove la politica è vista esclusivamente come quel luogo in cui ognuno può realizzare i propri interessi, una pensione, un posto di lavoro, un elemosina, un tozzo di pane.
I dibattiti accesi, le accuse reciproche, l’asfaltatura del nemico servono proprio a vincolare gli interessi del parlamentare e del suo gruppo con quelli del popolo di riferimento.
Il livello mediocre, sullo scarso, della politica italiana, è questo suo provincialismo, questo vincolo di mandato agli interessi di parte.
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