Occupazione. La Sicilia all’ultimo posto tra le Regioni europee, con una classe dirigente che non sa mettersi in discussione

giovani_lavoro_disoccupazioneSIRACUSA – La Sicilia continua nei primati negativi tra le Regioni europee. Questa volta, ma non era una novità, Eustat Regional Yearbook 2015, colloca l’isola all’ultimo posto per quanto riguarda l’occupazione delle persone tra i 20 e i 64 anni, appena il 42,4%.

Ben 30 punti di scarto, con la Regione italiana al più alto tasso di occupati, Bolzano con il 76,1%. Signica che 6 persone su 10 non lavorano.

Un dato che non ci vede solo, anche se i più disastrati, perché su sei regioni in Europa con il tasso inferiore al 50%, quattro sono italiane, Puglia 45,7%; campania 42,7%; Calabria 42,6%, e appunto la Sicilia con il 42,4%. Un’altra Regione è poi in Spagna (Ceuta) ed un’altra in Grecia (Dytiki Ellada).

Per non parlare di disoccupazione giovanile, 18-24 anni, su una media europea che si attesta sul 16,3%, il meridione d’Italia, quindi le stesse Regioni di  cui abbiamo già parlato, ma in particolare Sicilia e Calabria, il dato supera abbondantemente il 40%.

Un quadro pietoso, drammatico, causa delle fughe dei nostri giovani all’estero, e della crescita della povertà nelle famiglie siciliane.

Dati che, purtroppo, per Regioni come la Sicilia non sono certo una novità, e su cui come sempre si concentrano le elucubrazioni di una politica e, complessivamente, di una classe dirigente, che  non sa mai mettersi in discussione, per le scelte sbagliate fatte in questi anni (tra patti, tavoli, incubatori, gruppi e agenzie) sull’uso ad esempio dei fondi europei per lo sviluppo, o sulle scelte non fatte, o sul tempo perso in inutili chiacchiere e tavole rotonde.

Come di fatto sta accadendo anche in questo momento, che la stessa Europa ci dice essere drammatico, con il governo regionale, tra tagli ai Comuni, incapacità di investimenti, incapacità di programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, nessun aiuto alle imprese, e mantenimento di sacche di povertà sulle quali, alla fine, come da tradizione, è facile fare demagogia, populismo, e pescare voti.

Insomma, si è di fronte ad una classe dirigente impreparata e non in grado di affrontare le difficoltà del momento, capace solo di attribuire ad “altri”, chi sa chi poi, le colpe della mancata crescita.

I governi nazionali avranno la loro parte di colpa, ma l’immobilismo delle Regioni, nel nostro caso la Sicilia, come viene gridato da più parti, soprattutto dai cittadini (che poi, ahimè, finiscono sempre per cedere ai canti delle sirene di turno…), è infine quello che detta l’agenda e decreta la morte di questa isola.

Alla Sicilia servono meno discorsi, meno liti, meno invidie, meno egoismi, e più concretezza di arrivare all’obiettivo che resta quello del lavoro, che poi vuol dire dignità e crescita economica.

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