Beni confiscati. Chi ha interesse a “colpire” Libera e don Luigi Ciotti per indebolire l’antimafia nel nostro Paese?

Don Luigi Ciotti
Don Luigi Ciotti

Dalla parte di Libera, sicuramente, per scelta e condivisione. Giudicando “pericolosi” e “devastanti” gli attacchi che da un po’ di tempo vengono mossi nei confronti dell’associazione, del suo fondatore don Luigi Ciotti, e di conseguenza nei confronti delle associazioni che vi aderiscono e la costituiscono (oltre 1.600 in tutta Italia con migliaia di iscritti e volontari) che ogni giorno ci mette, e ci mettono, la faccia, il proprio tempo e impegno, nella difficile battaglia contro le mafie e la corruzione in questo Paese.

Stare nel territorio non è facile, fare lavoro di sensibilizzazione e di formazione della cultura della legalità, di sentinelle e di denuncia quando se ne presenta l’occasione, subendone i rischi di persona, o battersi per restituire ai cittadini il maltolto, attraverso l’uso sociale dei beni confiscati, è ancora più difficile.

Eppure, Libera e le sue associazioni, i suoi iscritti e i suoi volontari , in vent’anni e passa di vita, non si sono mai tirate indietro, non hanno mai ceduto il passo all’illegalità o agli strumenti di impoverimento, economico e culturale, in questo Paese di santi, poeti, navigatori e allenatori, ma anche di furbastri, ladri e cialtroni.

Lanciare ombre sull’operato di Libera e di don Ciotti, come fa il pm Catello Maresca, lasciando intendere, parlando di beni confiscati ai mafiosi, che l’associazione e il suo fondatore vorrebbero “concentrare beni e potere economici”, è solo gettare fango, prestarsi ad una campagna denigratoria che di certo fa solo il gioco delle mafie, e calpesta la dignità di migliaia di giovani che ogni giorno si spaccano la schiena e sudano sangue per fare produrre quei beni, creando lavoro, economia, e servizi sociali per i cittadini.

«Libera non gestisce direttamente le cooperative sui beni confiscatiha da sempre sostenuto don Ciotti, e ribadito con forza in questi giorni -. Le sostiene, ne accompagna lo sviluppo, ne condivide il cammino. C’è  una comunanza di obbiettivi e di ideali, ma la gestione, l’amministrazione, la ragione sociale restano autonome: questo è bene chiarirlo una volta per tutte! Libera è un coordinamento di associazioni. Difendere la sua dignità è difendere quella delle 1.600 realtà che ne fanno parte, diverse per riferimenti, storia, competenze, ma unite nell’impegno contro le mafie e la corruzione.        
Vent’anni fa
– continua il fondatore di Libera – abbiamo raccolto 1 milione di firme per l’approvazione della legge 109 sulla confisca e l’uso sociale dei beni delle mafie.  Al di là delle difficoltà di applicazione della legge, quei beni hanno significato lavoro, crescita culturale e riscatto sociale per tante persone. Luoghi dove migliaia di giovani hanno praticato la responsabilità, che è la precondizione della legalità e della democrazia. Ci sono molte cose da migliorare, ma attenzione a generalizzare, a dire che tutto non funziona o peggio che tutto è sporco, perché il rischio è di buttare via, con l’acqua sporca, anche il bambino, inculcando il cinismo e la rassegnazione, l’idea che in questo Paese è inutile impegnarsi perché non cambierà mai nulla. La lotta alle mafie, alla corruzione, al furto di speranza, ha bisogno della repressione, ma la repressione non basterà mai senza una presa di coscienza collettiva, senza una nuova mentalità, senza comportamenti ispirati al bene comune.        
Da questo cammino ventennale
– conclude don Luigi – abbiamo tratto tante fatiche, diverse soddisfazioni ma nessun vantaggio materiale. I finanziamenti riguardano solo progetti di formazione  (e sono tutti rendicontati e messi a bilancio) e, quanto ai beni confiscati, Libera ne gestisce direttamente solo sei, piccoli appartamenti trasformati in sedi locali dell’associazione».

Libera, infatti, come ha sottolineato già lo scorso giugno Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia per i beni confiscati, non riceve nessun bene confiscato, i beni vengono dati ai  Comuni che poi li assegnano alle cooperative. L’associazione di don Ciotti si occupa spesso della loro formazione, ma dopo questa fase le  cooperative intraprendono il loro percorso imprenditoriale da sole, rischiando di persona (i mafiosi non sempre stanno a guardare e in molti casi infieriscono con attentati agli impianti e alle strutture, com’è successo alla coop. “Beppe Montana Libera Terra” di Lentini che si è vista distruggere gli agrumeti).

«Ferisce e amareggia questa campagna di discreditoaggiunge don Luigi Ciotti che mercoledì 13 è stato sentito in audizione dalla Commissione nazionale Antimafia – che mira a demolire il nostro percorso. Libera non è perfetta, ci mancherebbe, ma è una realtà pulita, che agisce per servizio e non per potere. Questo vorrei fosse tenuto in conto da chi oggi denigra e diffama senza conoscere e, il più delle volte, senza muovere un dito».

Già, bello fare l’antimafia in ciabatte e al calduccio di un ufficio, o gestendo potere con favori e consulenze (trasformando il legale in illegalità), com’è avvenuto  in Sicilia proprio con i beni confiscati, da parte del magistrato che doveva assegnarli e controllarli, Silvana Saguto, oggi ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, altri tre magistrati e due amministratori giudiziari, indagati dalla procura di Caltanissetta.

L’impressione è che ci sia un disegno ben preciso in questo nostro “travagliato” Paese, teso ad indebolire l’antimafia, non quella parolaia che non fa male e che “non cambia nulla“, ma quella che agisce nell’azione quotidiana per creare e fare crescere la “cultura della legalità“, che poi vuol dire anche la “cultura dei diritti e dei doveri“, partendo dai ragazzi nelle scuole, per farne cittadini sensibili ed onesti.

Questa antimafia è quella che fa paura.

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