Assomiglia sempre più ad una macedonia il Pd siciliano, in tutte le nove province, a testimonianza di come i gruppi dirigenti si muovano in piena sintonia.
Un contenitore di mille ingredienti, che di per se potrebbe essere gustoso per la sua ricchezza, ma che di fatto rischia, al contrario, di non essere per niente commestibile per la mancata correità tra gli stessi. Se poi a tutto ciò, nell’intento di voler tirare fuori quel “di più” che fa la differenza, si aggiunge l’elemento sbagliato, allora il rischio è quello di rovinare tutta la pietanza.
Ha questo sapore, infatti, la polemica che sta investendo il Pd a livello nazionale, seppur ristretta al tesseramento siciliano (altre storie in altre regioni, come in Campania, Calabria e Puglia con esponenti della destra e del centrodestra) con l’apertura “al nuovo”, come afferma il potente sottosegretario renziano all’Istruzione, Davide Faraone, ovvero ai cuffariani che, dopo anni navigazione, finalmente, avrebbero trovato la loro Itaca proprio nel partito che affonda le sue lunghe radici nella storia e nel pensiero di uomini politici del peso di Gramsci, Togliatti, Berlinguer, La Torre, e nella seconda Repubblica, con la fusione con Margherita e Popolari, con gli eredi della Dc di don Sturzo, Dossetti, La Pira, Moro, Mattarella.
D’altra parte, a confermare questo approdo, è stato nei giorni scorsi, in una intervista all’Huffington Post, lo stesso ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, ex caudillo della Dc manniniana e dell’Udc siciliana, non appena scarcerato dopo aver scontato quasi cinque anni di reclusione per favoreggiamento esterno alla mafia, e che del “cuffarismo” è padre e capo spirituale.
«È vero, con Renzi si stanno spostando i miei voti e la mia classe dirigente – ha detto Cuffaro -. Questo non è il Pd dei miei tempi, è un Pd diverso, moderato, che guarda all’idea di un partito della Nazione».
Non solo, ma l’ex presidente della Regione oggi convertito al volontariato in Africa, dove ha annunciato di avere intenzione di recarsi, intanto, continua a tirare frecce: «Avevo un milione e ottocentomila voti, il 60%. Lì dentro c’era la Sicilia. Ora quella stessa Sicilia si sta spostando».
Una conferma, qualora ce ne fosse ulteriormente bisogno, che arriva anche da dentro il Partito Democratico, dopo il congelamento del tesseramento da parte del segretario regionale Fausto Raciti, con le dichiarazioni dell’ex capogruppo bersaniano alla Camera, Roberto Speranza: «In Sicilia vasta parte del mondo legato a Totò Cuffaro si sta riciclando sotto il nostro simbolo».
E ancora la risposta a Cuffaro del vicesegretario nazionale, Lorenzo Guerini: «Cuffaro stia sereno il Pd non sta tesserando suoi uomini, dal momento che siamo un partito di centrosinistra, che non ha niente a che vedere con idee politiche sue e dei suoi sostenitori».
Evidentemente Guerini vive poco o niente la Sicilia per dimenticare che già molti fedelissimi di Cuffaro sono dentro al Pd, come l’ex presidente regionale dello stesso partito ed ex sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, il nuovo presidente del partito, Giuseppe Bruno, e poi Michele Catanzaro, solo per citarne alcuni, i cui nomi in questi giorni sono stati posti in rilievo sulla stampa, assieme a quelli di tanti altri che hanno creato gruppi di sostegno alle maggioranze con il Pd, come Cardinale, o il defunto Lino Leanza con Articolo 4 e Sicilia Democratica.
Per non parlare del sostegno al governatore Pd della Sicilia, Rosario Crocetta, che in giunta, o tra i dirigenti nominati, ha proprio una bella cerchia di fedelissimi di Cuffaro.
Certo, per una società che cambia e si trasforma, i partiti non possono restare ancorati al passato, devono seguirne le trasformazioni. Verissimo!
Solo che si spera sempre in meglio, visto che insieme ad altri soggetti sono chiamati a farne da guida e a governarne i processi di sviluppo.
Ma qui siamo in Sicilia e quel “si cambia per non cambiare nulla” di gattopardiana memoria pesa e, purtroppo, continua a tracciare il percorso. Non si spiegherebbe altrimenti la valenza che tutt’oggi il “cuffarismo” riesce ad avere nell’isola.
Un fantasma, lo definisce il capo dei renziani siciliani Davide Faraone, spiegando come il tesseramento al Pd non può essere “un’iscrizione riservata in un club di iniziati”.
«Bisogna aprire le porte – rimarca Faraone – per intercettare tutte le energie positive. E mentre oggi si inseguono fantasmi del passato, fatti tornare in vita da una minoranza che ha bisogno di un nemico per testimoniare un’esistenza, ci sono nuove forze, altamente qualificate che vogliono portare il loro contributo per un’isola e un Paese migliore».
Sarà, ma è quella parola “nuove forze” che non convince: sa di “vecchio”.