
Augusta – L’invito al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a venire ad Augusta un 28 del mese per assistere alla Messa che don Palmiro Prisutto, l’arciprete della Chiesa Madre, dedica ai morti per cancro a causa dell’inquinamento industriale, resta sempre valido e la petizione con la raccolta firme prosegue. Basta andare nella pagina Facebook di don Prisutto o accedere a Change org per dare la propria testimonianza per una vicenda che, nel silenzio, ha mietuta centinaia di vite.
L’elenco che viene letto ogni 28 di mese, durante la Messa, che ahimè si aggiorna di continuo con nuovi nomi, ormai ne conta più di 500.
Nel rispetto di queste morti, e per dare parole di speranza ai familiari e ai tanti figli che si chiedono ancora il perché tutto ciò sia accaduto, o che continua ad accadere, don Palmiro aveva chiesto al presidente Napolitano di venire ad Augusta.
Un appello ed un invito “poco ascoltato”, quasi “dimenticato”, come a segnare, e non vorremmo pensarlo per il rispetto che abbiamo del capo dello Stato e dell’unità del Paese, un segno divisorio con quest’area di Sicilia che giornalmente accoglie, con grande generosità, nuovi disperati provenienti dal sud del mondo, diventando essa stessa “sud del mondo”.
E come tutti i sud e tutte le periferie, Augusta e la “testardaggine” di un parroco, frutto di un amore immenso verso la propria terra e la propria gente, giorno dopo giorno lottano per diventare “centralità”, rispetto ad un problema, come la sicurezza e l’inquinamento industriale, che necessità di interventi immediati da parte dello Stato e, per le sue competenze, dalla Regione, in questo momento sempre destinata all’autoisolamento.
Non serve elencare le volte, le troppe volte, che l’area industriale del siracusano, il triangolo Priolo, Melilli, Augusta, si è rispecchiata nelle immagini drammatiche dei giorni scorsi a Milazzo.
Fiamme, fumo, prodotti chimici, che ogni giorni, da 60 anni, piano piano, silenziosi, hanno fatto breccia nel corpo di tanti operai, di tanti cittadini, di tanti italiani. Già, italiani.
Questo si sforza di gridare don Palmiro con la sua richiesta al presidente Napolitano: “Anche la gente di Augusta è italiana, la stessa gente che accoglie i migranti che le navi della Marina dello Stato lasciano sulle banchine del porto”.
Chi sa se questo grido prima o poi, ma meglio prima, se non subito, come si diceva nell’autunno caldo delle lotte di qualche anno fa, forse troppi anni fa, arriverà al cuore di Giorgio Napolitano.
Intanto, è arrivato a quello della massima autorità di governo in provincia, il prefetto Armando Gradone, che ha fatto sapere a don Prisutto che il 28 di ottobre sarà ad Augusta in occasione della prossima Messa per ricordare le vittime dell’industrializzazione “distratta” che si è lasciata dietro solo drammi: morti, disoccupazione e devastazione del territorio.
Un buon segno la presenza del prefetto. Come un buon segno sono le firme alla petizione su Change org, che significano anche e-mail inviate alla presidenza della Repubblica.
E tante firme, tante e-mail, tanta partecipazione e condivisione, sono gli elementi per uscire dalla “periferia”.