
SIRACUSA – Diffondere la cultura della legalità per contrastare l’illegalità del lavoro nero, con la costituzione di un Osservatorio permanente, o più che altro una task force, con organizzazioni sindacali, forze dell’ordine e rappresentanti istituzionali.
È quanto emerso nel corso della tavola rotonda di questa mattina alla Cassa Edile di Siracusa sul tema del lavoro nero. E per sconfiggere questa piaga che colpisce tutto il Paese, ma in particolare le aree meridionali, quella siracusana compresa, occorre cooperare oltre che denunciare.
E i dati parlano più che chiaro da questo punto di vista: 11 milioni di euro evasi in dieci anni nella provincia aretusea, più del 50% in meno di iscritti nei registri delle aziende edili rispetto al 2008, e un numero sempre meno crescente di imprese regolari.
I lavori di questa mattina nella struttura di via Ermocrate, moderati dal giornalista Prospero Dente, sono stati aperti dai tre segretari provinciali degli edili, Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil, rispettivamente Salvo Carnevale, Paolo gallo e Severina Corallo. Presenti anche i tre segretari generali provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Paolo Zappulla, Paolo Sanzaro e Stefano Munafò.
«È da tempo che puntiamo ad un Osservatorio permanente per cooperare con tutti i soggetti interessati – hanno sottolineato Carnevale, Gallo e Corallo – perché il problema sembra che interessi solo le organizzazioni sindacali e non quelle istituzionali. Oggi riscontriamo il fatto che i lavoratori hanno una prima necessità che è quella di continuare a lavorare e spesso c’è paura di denunciare perché si può perdere anche quel poco che si guadagna. Ecco perché chiediamo alle istituzioni di “utilizzarci” come strumento per sapere quali risposte dare ai lavoratori. In provincia – hanno concluso i tre segretari degli edili – rischiamo di avere il primato degli infortuni mortali e tutti nell’edilizia, tutti in nero tranne uno che era titolare di una impresa a Buccheri. Quindi il fenomeno è ancora vivo e il ricorso al voucher è una forma fastidiosa che non risolve il problema. Occorre una task force intelligente che parta dai Comuni».
«Il nostro ufficio in aggiunta al nucleo ispettivo dei Carabinieri – ha detto Antonio Mazzaglia della Direzione territoriale del Lavoro di Siracusa – ha il compito di contrastare il lavoro nero, che esiste in tutti i settori ma sconfiggere il lavoro nero oggi non è facile. Può essere contrastato non eliminato perché è più una questione di coscienze, quindi è giusto partire anche da un lavoro capillare nelle scuole per far capire le regole sulla sicurezza. Rispetto ad un livello europeo siamo ancora indietro e dobbiamo crescere perché occorre fare un’operazione capillare ma non solo nel settore dell’edilizia perché anche l’agricoltura con gli extracomunitari è un problema da risolvere. Il nostro ufficio ha avviato un monitoraggio totale nel territorio e abbiamo trovato tante aziende sane e in regola».
Sono comunque circa l’80% le aziende in regola in provincia e questo dato è stato sottolineato anche dal luogotenente Antonio Magrì del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro.
«Da 19 anni sono in questo nucleo – ha aggiunto Magrì – e ho constatato che il lavoro nero è comunque una piaga di tutti i settori anche se nell’agricoltura ci sono numeri più allarmanti. Nei cantieri edili ci sono spazi più ristretti rispetto all’agricoltura e quindi un raggio d’azione più facile da porre sotto controllo. Abbiamo fatto 100 ispezioni in tutta la provincia nell’ultimo anno, un numero basso dovuto alla carenza del nostro organico e un terzo dei lavoratori in nero riguardava il settore edile. Oggi è molto difficile operare perché in organico siamo rimasti in tre, quindi ben venga la cooperazione».
«La Guardia di Finanza tiene altamente in considerazione la questione – ha ribadito il tenente colonnello Eugenio Bua, comandante del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Siracusa – abbiamo un dispositivo di controllo che investe tutti i reparti del Corpo, abbiamo una doppia linea di controllo: da una parte nell’effettuazione di una serie di specifici controlli, e dall’altra una forma di controllo aggiuntivo legata alle qualifiche di polizia tributaria, in quanto destinatari di attività che vanno dal piccolo imprenditore ad un grande gruppo societario per verifica di posizione fiscale e contributiva a 360 gradi. Il problema del lavoro nero è in primis di tutela del singolo lavoratore, ma incide nell’economia nazionale perché si basa sulla produzione delle aziende. Queste ottengono un indebito determinato non dalla loro bravura nel risparmiare i costi ma nell’evadere le leggi. Rispetto a qualche anno fa c’è una maggiore propensione a denunciare condizioni di lavoro non legali, attraverso il nostro servizio del 117».
«L’accertamento delle responsabilità passa da procedimenti dispendiosi e lunghi – ha rimarcato il sostituto procuratore Andrea Palmieri -. Ci sono poche norme che si occupano del lavoro nero, una di queste risale al 1981 ed è rimasta sempre la stessa, quindi rendetevi conto di quanto sia vecchia. E queste norme ti mettono quasi in condizione di evadere perché anche quando beccano un imprenditore gli fanno pagare sempre meno di quanto avrebbe pagato regolarmente. Lo Stato ha scelto di lasciare la sanzione dal punto di vista amministrativo probabilmente trascurando l’aspetto della politica criminale. Alle volte funziona meglio la sanzione amministrativa e il ruolo della magistratura oggi è quello del coordinamento con tutte le forze che operano».
«L’Arma dei Carabinieri nel settore della tutela del lavoro agisce con il reparto specializzato anche se noi offriamo la nostra attività investigativa qualora si dovessero presentare fenomeni che richiedano indagini particolari – ha precisato il maggiore Giovanni Palatini del Comando provinciale dei Carabinieri -. Ci sono oggi tre settori del lavoro nero su cui poniamo grande attenzione: domestico, comparto edile,e agricolo, ma non sottovalutiamo il settore commerciale perché è noto che spesso nel turismo, trattandosi di lavori stagionali, si fa uso di lavoro nero e in questi casi i voucher sono molto utilizzati. Fanno parte di una politica che vuole tutelare la dinamicità del mondo del lavoro ma non tutelano di fatto il lavoratore nonostante offrano una posizione contributiva. Oggi è difficile monitorare un’azienda agricola, perché quelle edili hanno dei confini delimitati dai cantieri e c’è una preparazione specifica rispetto a chi va a raccogliere pomodorino nei campi. Ecco perché registriamo caporalato e sfruttamento di immigrati».
E l’argomento voucher, di grande attualità in tutta Italia, è stato più volte toccato nel corso degli interventi, proprio per la sua caratteristica e per il numero che ne sono stati utilizzati in Sicilia nell’ultimo anno, oltre 2 milioni e 500 mila.
Per Massimo Riili, presidente dell’Ance, l’associazione dei costruttori, in provincia di Siracusa, comunque, ci sono aziende sane che contribuiscono a far crescere il livello dell’economia, pur non tralasciando che il lavoro nero rimane una piaga da sconfiggere, grazie alle battaglie sindacali.
Sindacati a cui sono state affidate le conclusioni della tavola rotonda, attraverso l’intervento dei tre segretari regionali Francesco Tarantino, Salvatore Scelfo e Francesco De Martino.
«Il nostro settore edile sta diventando talmente povero che il ricorso al lavoro nero è l’ultima spiaggia – ha dichiarato i tre segretari regionali degli edili -. È subìto dal lavoratore e praticato dalle imprese perché tanto ci sono sempre meno ispettori del lavoro e dunque meno controlli per cui le imprese si sentono quasi legittimate ad andare avanti in questo modo. Ci aspettiamo un intervento deciso da parte della Regione che deve mettere in condizione gli enti di poter attuare i controlli senza la necessità che ci siano ispettori in ogni cantiere altrimenti diverremmo uno Stato di polizia. E questi voucher oggi diventano solo uno strumento per aggirare i controlli. D’altronde una ispezione ogni 25 anni, secondo dati forniti dall’ispettorato qualche mese fa, in base agli organici esistenti e le aziende presenti la dice lunga su quanto sia sbagliato da parte degli enti non affrontare in maniera seria il problema. Oggi il lavoro nero nel Mezzogiorno si attesta su dati del 22,23%, in Sicilia arriva al 30%, in Calabria addirittura al 40%. Quindi – hanno concluso – occorre alzare l’asticella dell’attenzione e ben vengano gli Osservatori come si fa per esempio a Biella. La Prefettura penso sia il luogo deputato per mettere insieme tutte queste forze e creare un organismo di controllo diretto».






