Il politichese dello statista Luigi Di Maio

Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio
Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio

Lo straordinario discorso di Luigi Di Maio per giustificare il ritardo nella scelta dei nomi degli assessori pentastellati a Roma, può apparire “vecchio politichese”, invece no, è proprio un politichese tutto nuovo, a 5 stelle.

Nella capitale ci vuole più tempo per scegliere gli assessori. Sono quasi 3 milioni gli abitanti, a Torino, che sono poco più di ottocentomila basta qualche giorno.

Quindi, secondo la tesi del vice presidente della Camera, le difficoltà nel formare una giunta sono direttamente proporzionali al numero di abitanti. Se per fare la giunta in una città di 3 milioni di persone ci vuole un mese, per comunicare quella di una “città” di 60 milioni occorre un anno.

Non ci crede neppure lui.

Questa tesi è lacunosa, poco credibile al punto da smontare la presunta straordinarietà dello statista.

Nel tentativo di nascondere l’evidente, c’è un altra tesi. Circola la voce che, anche Marino impiegò ventuno giorni per scegliere gli assessori. Marino Ignazio… il peggior Sindaco della capitale.

Da una politica nuova ci si poteva aspettare un bagno di umiltà riconoscendo che, da un lato l’inesperienza e dall’altro la gestione del potere giocano brutti scherzi.

Invece, la politica, anche quella nuova del cambiamento, si basa sul “faccio tutto mi” e si gioca sulla distribuzione delle poltrone, uguale a quella di prima. Nascondersi dietro il dito è pratica antica.

E’ vero, la prova importante è quella dei problemi veri della gente, ancora siamo solo all’inizio, ma questo mattino non ha portato un buon giorno.

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