SIRACUSA – Messo al sicuro il bilancio di previsione, per quel che resta ormai dell’anno in corso, con 21 voti a favore, e quindi la garanzia di una maggioranza (mancavano altri due consiglieri) il sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo, di certo non si sarà strappato le vesti se a non votare lo strumento finanziario proposto dalla sua Amministrazione non c’erano pezzi del suo partito, il PD, o meglio, di uno dei tanti PD che ormai esistono nella Libera Repubblica Aretusea.
Dall’aula, infatti, assente la riformista Marina Zappulla, al momento del voto sono usciti il capogruppo Francesco Pappalardo, Stefania Salvo, Tanino Firenze e Alfredo Foti, l’ex assessore ai Lavori Pubblici dimessosi perché tirato in ballo dalla magistratura in una delle tante inchieste che ormai coinvolgono il Vermexio, e che poi si è scoperto non c’entrare nulla, trattandosi di un errore di persona.
Qualcuno, nell’ambito del War Games piddino dai livelli sempre più complessi e “intriganti”, li definisce di area “fotiana”, quella che fa riferimento al “grande vecchio” (politicamente parlando), l’ex sottosegretario democristiano on. Gino Foti, e guidata dall’ex capo di gabinetto del sindaco, Giovanni Cafeo, una volta alleati con Garozzo, che oggi invece, dopo la “scomunica ufficiale” di quest’ultimo da parte del partito retto dal segretario Alessio Lo Giudice, hanno stretto un patto di sangue con i nemici della prima ora (sempre politicamente parlando), i riformisti di Turi Raiti, Pippo Zappulla e Bruno Marziano.
Che poi è l’area alla quale si richiama la consigliera grande accusatrice del “Sistema Siracusa” e del sindaco, quella Simona Princiotta sostenuta dall’on. Zappulla, che gli avversari, a tutti i costi, vorrebbero “conoscente” di autorevoli esponenti della criminalità siracusana, oggi collaboratori di giustizia.
E per questo entrambe le parti, Garozzo e la Princiotta, ma anche Zappulla, sono già finiti davanti alla Commissione regionale Antimafia. Addirittura il sindaco anche davanti a quella nazionale presieduta da Rosy Bindi.
Insomma, come si vede, il PD siracusano è un’isola nell’isola, o forse è il caso di dire un piccolo arcipelago, così frastagliato, dove ognuno si fa le proprie regole e si disegna un partito a propria immagine e somiglianza, tanto che, per chi non sa navigare leggendo le stelle o la bussola, occorre proprio un moderno navigatore per trovare quello giusto.
Quello che il segretario nazionale e presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, si sforza di spiegare agli italiani – elettori, come ha fatto oggi chiudendo, dal lontano impero romano-fiorentino, la sua Leopolda rilanciando il tema della “rottamazione”.
Una chiusura che è anche una “ripartenza”, ha assicurato, per rilanciare il PD del futuro, dopo aver siglato l’accordo con una parte della minoranza, quella di Gianni Cuperlo, sulla legge elettorale e sulle riforme (non ci saranno i capilista bloccati, superamento del ballottaggio, elezione diretta da parte dei cittadini dei nuovi senatori …), isolando così sempre di più quelli che “dicono sempre no”, da Bersani a D’Alema.
Un Partito Democratico che nell’impero romano-fiorentino, quello che si estende da Bolzano a Reggio Calabria, e un po’ anche in Sicilia, si ricompatta (anche se non proprio tutto, ma “quelli che dicono sempre no” pare non siano nell’interesse del futuro partito), al contrario di quanto accade a Siracusa dove, non arrivando bene la percezione del messaggio, la “moltiplicazione” sembra proprio la linea seguita.
Sarà questo il partito del futuro, tanti PD autonomi, o avrà ragione Renzi nel costruire un’unica forza che si candida, addirittura, a governare da sola il Paese?
Garozzo, intanto, da parte sua, come dimostra il voto per il bilancio di previsione, anche se non da solo, una sua maggioranza se l’è assicurata, e continua a governare Siracusa. Per il resto si vedrà.






