Lentini, giovane mamma colombiana ed il suo bambino ridotta in schiavitù dal compagno rumeno viene liberata dalla Polizia

LENTINI – Non credeva ai suoi occhi la giovane mamma colombiana liberata dalla Polizia di Lentini e dai colleghi della Squadra Mobile di Siracusa e Ragusa, assieme al figlioletto, dalla schiavitù alla quale l’aveva costretta il compagno-padrone, L.C., un rumeno di 21 anni, arrestato per riduzione alla schiavitù, assieme ad un connazionale di 36 anni, D.M., che viveva con loro. Entrambi sono stati accusati di furto di energia elettrica, avendo accertato la Polizia ed i tecnici dell’Enel, che avevano allacciato abusivamente la linea.

La triste storia che per fortuna  si è risolta con un lieto fine, liberatorio  per la giovane mamma ed il suo bambino, parte da lontano ed è venuta alla luce grazie alle notizie fornite da un Centro antiviolenza ibleo alla Squadra Mobile di Ragusa, informandola che il numero verde nazionale dedicato alle donne vittime di violenza  aveva ricevuto da New York una richiesta d’aiuto dai familiari della donna.

I parenti erano preoccupati perché la congiunta versava in grave pericolo in quanto ridotta in schiavitù dal compagno, nonché padre del bambino e da un altro rumeno.

Gli investigatori ragusani hanno subito avviato le indagini che, dopo poche ore, li portavano  a credere che la donna si trovasse nel Comune di Lentini, e per questo veniva chiesto supporto alla Squadra Mobile di Siracusa ed al Commissariato di Lentini.

Dopo i dovuti accertamenti ed il sopralluogo effettuato dagli investigatori ragusani e siracusani, veniva individuata l’abitazione dove, probabilmente, si trovava la donna.

I poliziotti notavano, infatti, che una casa, gravemente lesionata dal terremoto del 1990, e quindi dichiarata inagibile, era stata abusivamente occupata da più persone. Aspettato il momento propizio, gli agenti circondavano la casa per evitare fughe degli occupanti e dopo pochi secondi facevano irruzione trovando, tra gli altri, la donna ed il figlio.

La vittima era disperata e quando si è resa conto della presenza della Polizia è scoppiata in un pianto liberatorio. La stessa, accompagnata presso gli uffici del Commissariato lentinese, raccontava agli investigatori ogni dettaglio inerente i fatti subiti.

La donna ha così denunciato di essere stata un “oggetto” per l’uomo che aveva conosciuto all’estero e che aveva seguito in Italia solo perché lui la ricattava di toglierle il bambino avendole sequestrato i passaporti.

I dettagli della denuncia sono stati particolarmente cruenti e tra le cose meno gravi commesse dal compagno vi era lo sfruttamento “lavorativo” della vittima, che consisteva nel mandarla a chiedere l’elemosina insieme al figlio in tenerissima età e con qualsiasi condizione climatica, consegnando all’uomo tutto il ricavato di ogni giornata di accattonaggio senza poter tenere per sé e per il bambino neanche un centesimo.

Il suo aguzzino ha tentato addirittura di avviarla alla prostituzione, ma la donna cercava sempre scuse restando sempre in compagnia del proprio figlio, fino a quando si è confidata con la madre e la sorella che abitano a New York.

È così emerso che la vita per la vittima era un inferno, costretta a stare con lui, anche sessualmente, non potendo partire senza documenti per fare ritorno al proprio paese. Non solo, ma temendo di  essere considerata clandestina, non aveva mai chiesto aiuto alla Polizia.

La giovane colombiana ha più volte sottolineato di essere diventata una “cosa” di “proprietà” del padre di suo figlio e del suo amico. Nonostante la giovane età del suo compagno, questi ha tenuto nei suoi confronti  un comportamento violento al di fuori di ogni immaginazione. La donna veniva quotidianamente vessata e ridotta in uno stato psicologico tale da non permetterle alcuna via d’uscita. Era costretta a vivere in una casa fatiscente dove le era riservata la parte più sporca e fredda.

Considerata la circostanziata denuncia della vittima e l’autenticità dei racconti fatti e dei riscontri effettuati dagli investigatori, i due rumeni venivano tratti in arresto per il reato di riduzione in schiavitù e furto di energia elettrica.

Per questi reati il pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Siracusa, ha chiesto la convalida dell’arresto dei due uomini, mentre il Gip ha convalidato l’arresto ed applicato ad entrambi la misura cautelare per il reato di furto di energia elettrica e solo per L.C. la misura anche per la riduzione in schiavitù stante il ruolo marginale avuto da D.M.

La donna ed il piccolo sono stati affidate ad una comunità in località segreta e sono già in corso le pratiche per regolarizzare la posizione sul territorio nazionale da parte della Questura.

Dunque, grazie all’intervento congiunto di più uffici investigativi, e al contributo del centro antiviolenza, la Polizia è riuscita a poche ore dalla segnalazione a liberare la giovane madre ed il suo bambino, e nel contempo assicurare alla giustizia i loro aguzzini.

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