SIRACUSA – Scatta anche nel siracusano la nuova legge sul “caporalato”, proposta recentemente dal governo nazionale e approvata dalle Camere. A seguito di controlli nel settore agricolo da parte dei Carabinieri del comando provinciale, militari del Nil, dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, in stretta sinergia con personale dello Spresal dell’Asp, sono state eseguite diverse ispezioni in altrettante aziende agricole della zona a sud della provincia di Siracusa.
In due imprese sono stati trovati nove cittadini stranieri, dei quali uno soltanto era occupato irregolarmente. Nel corso dell’accesso, tuttavia, è emerso con chiarezza che i lavoratori erano occupati per una paga netta giornaliera fissa di 40 euro, cioè del 25% più bassa di quella prevista dai contratti di lavoro di categoria.
Gli stessi lavoratori, inoltre, erano occupati per 60 ore di lavoro a settimana, cioè ben oltre le 40 previste, senza percepire alcuna maggiorazione per lavoro straordinario.
Gli specialisti del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Asp, per la parte di competenza, hanno elevato contravvenzioni in materia di sicurezza in relazione alle attrezzature utilizzate per le lavorazioni in serra.
A seguito della contestazione di illecito amministrativo per avere occupato in nero uno dei 9 braccianti agricoli, l’azienda ha provveduto ad assumere lo straniero ma, all’atto della consegna della retribuzione, ha operato la stessa decurtazione operata agli altri lavoratori.
A nulla sono valse le rimostranze del dipendente, minacciato di non ricevere la retribuzione se prima non avesse firmato le buste paga con gli importi regolari.
L’attività investigativa sviluppatasi in difesa del lavoratore sottoposto a reiterati episodi di vessazione è stata coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, che attraverso una attenta valutazione dei fatti ha ritenuto richiedere la sottoposizione dell’azienda ad Amministrazione Giudiziaria con provvedimento del Tribunale.
Quest’ultimo è un provvedimento introdotto dalla recentissima legge 199/2016, che ha apportato significative modifiche all’art. 603 bis del codice penale sul caporalato, entrata in vigore il 04/11/2016 e di primissima applicazione in Sicilia.
Per la violazione dell’art. 603 bis del codice penale è persino previsto l’arresto obbligatorio, se il datore di lavoro (quindi, non più il solo “caporale”), utilizza, assume o impiega manodopera, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
La norma è così stringente e precisa, che elenca persino quali sono tali indici di sfruttamento; tra di essi vi sono la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti e la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro.
Le pene previste sono molto alte: reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato e possono aumentare di un terzo fino alla metà al ricorrere di determinate aggravanti.
Con l’art. 3 nella medesima legge 199/2016, inoltre, il legislatore ha previsto una nuova forma di tutela dei livelli occupazionali. L’Autorità Giudiziaria, infatti, al posto del sequestro può disporre il controllo giudiziario dell’azienda presso cui è stato commesso il reato. In buona sostanza, il giudice nomina uno o più amministratori, per affiancare l’imprenditore nella gestione dell’azienda, autorizzandoli allo svolgimento degli atti di amministrazione utili all’impresa e ad adottare adeguate misure anche in difformità rispetto a quelle proposte dall’imprenditore.
Il provvedimento del Tribunale di Siracusa è il primo emesso in Sicilia e, probabilmente, a livello nazionale e, c’è da augurarselo, si rivelerà uno strumento valido per la lotta allo sfruttamento dei lavoratori del comparto agricolo perché teso a “correggere” la rotta dell’impresa verso il rispetto della legalità e, in special modo, del duro lavoro nei campi, sottraendo la gestione del patrimonio agli imprenditori disonesti.
L’attività di accertamento effettuata dai Carabinieri del Nil ha comportato quindi, oltre al provvedimento della sottoposizione all’amministrazione giudiziaria dell’azienda, anche la contestazione la contestazione di sanzioni per l’impiego di lavoratori in nero e per inosservanza delle norme di sicurezza sul posto di lavoro per oltre 10.000 euro e la denuncia di due imprenditori agricoli per lo sfruttamento dei propri lavoratori dipendenti.