Oggi, Pietrangelo Buttafuoco, sul Foglio, ci ha riservato una delle sue perle. Questa volta c’è qualcosa in più, l’eccezionalità.
In effetti sostenere che in Italia c’è una “restrizione” della libertà di esprimersi attraverso la stampa, nel momento stesso in cui lo si fa, è una contraddizione in termini.
E’ tutta “una questione di marketing”, infatti i media che si occupano senza soluzione di continuità della libertà di stampa “ristretta”, vendono.
Come al solito è opportuno ribadire quella cosa, sempre la stessa, “buttiamo tutto in politica”. Sostenere che in Italia viviamo in assenza di libertà di stampa, è solo l’ennesima, spesso legittima, pallottola sparata al governo dai suoi oppositori.
Questo non vuol dire che non esiste il problema della stampa in Italia, quanto che le nostre cartucce, peraltro poche, le utilizziamo male.
Non siamo capaci di esprimerci nelle discussioni valutando le situazioni per quello che sono, ma divaghiamo, appunto “buttandola in politica”, per cui nel confronto non apportiamo argomenti mirati e perdiamo quella necessaria lucidità che determina la soluzione dei problemi.
Ora, al di là della definitiva e condivisibile conclusione di Buttafuoco, sacrosanta, che “il giornalismo è morto”, si impongono alla nostra attenzione alcune domande, di quelle che sorgono come spontanee.
Il giornalismo è morto perché qualcuno dall’alto lo restringe, oppure perché non ci sono lettori, di giornali, di libri, di cultura, di sapere?
Quest’assenza di cultura è imposta dall’alto o è una “cosa” tutta del popolo, che ha deciso di vivere nell’eterno conflitto dell’ignoranza?
A proposito di Pietrangelo Buttafuoco, evviva i pifferai di regime liberi di stampare in libertà, alla pari di Riccardo Orioles, pifferaio dell’antiregime.