Siracusa – Basta parlare di omosessualità, o meglio di tolleranza e di rispetto della “diversità” ed ecco che si alzano gli scudi, se poi c’è il “rischio” che di temi così importanti e quotidiani se ne parli a scuola, beh, apriti cielo.
È quanto accaduto a Siracusa con due progetti di Arcigay e GLBT, “L’altro da me” per le ultime classi delle elementari e per le medie, e “Scuola arcobaleno” per gli istituti superiori, che oggi hanno registrato una interrogazione del consigliere comunale di Articolo 4, Salvo Sorbello.
L’esponente politico ha chiesto di sapere se i due progetti fossero patrocinati dall’Assessorato alle Politiche Sociali di Palazzo Vermexio e in che modo fossero state coinvolte le famiglie. Questo perchè, secondo Sorbello, i bambini non devono ricevere nessuna educazione sessuale di Stato, quindi da parte della scuola, ma deveo essere le famiglie a farlo.
«Se da un lato è infatti necessario riaffermare il dissenso verso ogni tipo di discriminazione – afferma Sorbello – dall’altro si ritiene non sia accettabile qualsiasi forma di indottrinamento ideologico nelle scuole. I bambini e gli adolescenti non devono ricevere un’educazione sessuale di Stato ed a ciascuna famiglia devono essere riconosciute la libertà e la possibilità di scegliere come educare alla sessualità i propri figli. E ciò vale soprattutto in fasce d’età particolarmente delicate, nelle quali l’identità, anche quella sessuale, non ha raggiunto una piena maturazione. I bambini devono essere aiutati a coltivare correttamente la propria identità sessuale, basata sulla diversità e non educati in modo ‘neutro’ in attesa che siano loro stessi, in futuro, a scegliere, secondo una discutibile ideologia gender».
Sempre oggi, immediata la precisazione dell’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Siracusa, Valeria Troia.
«Nessun patrocinio, nessun progetto e nessun contributo per attività da svolgersi nelle scuole – ha risposto l’assessore a Sorbello -. Esiste solo un’interlocuzione con Arcigay e GLBT per la stesura di progetti, che devono necessariamente coinvolgere i dirigenti scolastici, finalizzati ad affermare il principio dell’uguaglianza tra le persone e non certo a toccare temi di educazione sessuale».
Temi scottanti, dunque, come si vede, che non possono essere toccati dalle agenzie della formazione, quali sono le scuole (?), ma che a sentire il consigliere di Articolo 4 devono essere riservati alle famiglie all’interno delle quattro mura domestiche, dove senza ombra di dubbio si fa formazione e si aiutano i ragazzi a crescere.
Una formazione ed una educazione che non potrà mai essere completa ed esaustiva, tantè che la società, e quindi le famiglie, si aiutano in questo ruolo di educatori, attrezzando ed utilizzando vere e proprie “agenzie della formazione”, dove all’interno, oltre alla scuola ci sono, tra l’altro, anche le parrocchie, non a caso, proprio in questi giorni il tema dell’omosessualità è stato al centro del Sinodo della Famiglia aperto con i vescovi da papa Francesco.
Non conosciamo i progetti che Arcigay e GLBT hanno preparato, ma di sicuro seguiranno e saranno rispettosi di quelle “Linee Guida” approvate dall’allora Ministro del Lavoro con delega alle Pari Opportunità, Elsa Fornero, nel recente governo Monti, e successivamente riconfermate anche dal governo Letta, “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”.
Dei percorsi formativi e di arricchimento delle competenze della comunità scolastica (dirigenti – docenti – alunni – e mettiamoci anche le famiglie, da sempre escluse dalla comunità scolastica) sullo “sviluppo dell’identità sessuale nell’adolescente; l’educazione affettivo-sessuale; la conoscenza delle nuove realtà familiari”, come recitano quelle “Linee Guida”, scaturite da una raccomandazione europea del 2010 (Cm/rec 5) uscita dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
Tutt’altro che “indottrinamento”, dunque, né tantomeno “usurpazione” di ruoli tra scuola e famiglia, o scontro tra una o l’altra ragione. Ma solo rispetto del ruolo formativo ed educativo della scuola proprio su un tema così aperto come quello delle diversità di genere e delle materie discriminatorie, su cui la stessa Comunità Europea ci chiama, assieme a tutti gli altri Paesi, a discutere.