M’illumino d’immenso… nel buio

Foto 1 immagine di copertinaIl più grande poeta a descrivere in versi il dolore della guerra, forse, è stato Giuseppe Ungaretti. Nei suoi componimenti ha rappresentato il buio della guerra.

Il 25 Aprile del 1945, e da allora ogni anno,“M’illumino D’immenso”.

Tutta la storia dell’uomo è costellata da date più o meno importanti, ogni giorno nel mondo sono accadute, accadono, e accadranno “cose” più o meno importanti.

Per noi italiani, quella del 25 Aprile è la data, la fine della guerra.

 Foto 2Una liberazione, non c’è che dire. Lasciarsi alle spalle una sofferenza che molti di noi possono solo leggere nei libri di storia o ascoltare nei racconti di genitori e nonni.

La guerra, non è soltanto “massimi sistemi”, qualcosa che riguarda gli Stati, i capi di Stato ed i popoli. La guerra è soprattutto sofferenze individuali, situazioni di singole persone, uomini, donne e bambini, che hanno vissuto periodi di desolazione, di ansia, di confusione, di riflessione… e magari noi oggi ci lamentiamo, e pensiamo di provare simili sofferenze per il nulla.

Foto 3Una signora di 96 anni, nata durante la fine della prima guerra mondiale, racconta con grande disagio i momenti vissuti durante quel conflitto, al di là delle difficoltà economiche, altro che la crisi attuale, in ogni ricordo impressiona la tristezza che scandisce la narrazione. L’attesa del marito in guerra, senza un messaggio, senza facebook, senza un telefonino, magari di prima generazione, per comunicare almeno “sono vivo, esiste una speranza che possa ritornare a casa“.

 Quell’attesa rende soli. Chi fa guerra e chi aspetta dalla guerra è solo. Soltanto l’insieme delle tante solitudini individuali determinano la sofferenza di un popolo. Alcune persone hanno dovuto perpetrare quel sentimento di solitudine, anche dopo la fine delle ostilità. Soli, da chi non è mai ritornato.

Non può la crisi essere come la guerra, e soprattutto molti di noi non conosciamo la sofferenza della guerra, ed è meglio non conoscerla. Il solo pensiero produce malinconia, e fa ricordare i racconti tristi, di chi ha vissuto quell’angoscia.

Questo è il passato, oggi siamo nel presente e ci attende il futuro.

Foto 4Nel titolo del giornaleLa Voce Repubblicana”, di quel giorno, c’è una frase “Passare ai fatti”, che assomiglia a quella pronunciata da Massimo D’Azeglio, circa 100 anni prima, “Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani”.

Non siamo capaci. Pensiamo che tutto possa esaurirsi nello scontro politico.

Se fosse una partita a poker, ci siamo incartati, ogni parte ha una combinazione di carte che impedisce il buon gioco. Di più, ognuno è collocato, barricato nelle sue verità, in “trincea”, ma è solo apparenza, dietro questa finta certezza si cela confusione e smarrimento.

Per fare gli italiani ci sarebbe utile puntare lo sguardo verso il futuro, un futuro condiviso, e per farlo ci serve abbandonare l’idea di leggere la storia con la politica.

 Comunque, buona festa della Liberazione… dal passato.

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