L’Italicum: la legge del non dialogo

italicumÈ piacevole sentir parlare la costituzionalista  Lorenza Carlassare. Ospite ad Anno Zero, da Michele Santoro, ha spiegato, in modo chiaro e limpido, le sue perplessità, per usare un eufemismo, sull’Italicum.

Ora, la Carlassare e tutti i “professoroni del libro”, riuniti in “Giustizia e Libertà”,  da tempo immemore manifestano una posizione contraria a questa legge elettorale. Addirittura ancor prima che fosse partorita, proprio all’atto del concepimento, quando ancora non era Italicum, quando non era nulla, era già osteggiata da Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky e tutti i professoroni.

Ecco, conviene fare un riassunto delle puntate precedenti.

Matteo Renzi, presidente del Consiglio, mai eletto dal popolo come tutti i suoi predecessori, intenzionato a dimostrare la sua “novità” nella politica, quella del “fare”, si pose un obbiettivo prioritario: modificare la Costituzione e la legge elettorale.

Ebbene, a quel tempo, sembrano passati secoli, rivolgendosi all’interno arco costituzionale, convinto com’era che le “regole si scrivono tutti insieme”, il presidente del Consiglio scelse la strada del dialogo e chiese a tutti i partiti di contribuire a queste riforme.

L’unico che aderì alla proposta fu Silvio Berlusconi, e lì nacque il famigerato “Patto del Nazareno”, ostentato da tutti.

Quindi, l’Italicum è figlio di quel patto che strada facendo si è sciolto, per cui nella sostanza, questa legge elettorale è la volontà di uno solo.

L’adesione di Berlusconi ed il conseguente Patto del Nazareno fu la causa scatenante, la scusa sovrana, il motivo principale, per cui nacque il dissenso delle opposizioni. Le minoranze gridavano “non si può fare una legge elettorale con un pregiudicato”, mentre la Carlassare, in quel caso da Giovanni Floris, ebbe a dire: “un accordo con Berlusconi, fa ridere”.

Faceva ridere, allora, non solo l’accoppiata Renzi-Berlusconi, ma anche l’eventualità che  il presidente del Consiglio, giovane, goffo e mezzo ignorante, fosse in condizione di giungere all’arrivo.

Matteo c’è arrivato, per altro alla Coppi, “solo al comando”, senza alcun avversario alle spalle ed ha  approvato una riforma elettorale che non piace a nessuno. A nessuno degli “antirenziani”, e poco ai “renziani”.

Però, districandosi sulle certezze di questa storia, un dubbio è lecito.

Considerando l’evoluzione dell’intera faccenda, sin dai suoi arbori, c’è da dire che tutti speravano nell’insuccesso di Renzi, “per motivi politici”.

Ecco, professoressa, mi sa che più che essere incostituzionale la legge elettorale lo siamo noi, accampiamo scuse per non discutere, mettiamo in moto dei meccanismi per cui nelle fasi successive siamo “costretti”… a scoprire l’acqua calda.

Questa è diventata una battaglia di democrazia, e soltanto dopo costituzionale, ma quando nacque era la solita battaglia politica, di una parte politica, in assenza di potere, contro un altra, con il potere.

Non basta, la sorte come sempre è ironica.

Il Movimento Cinque Stelle, la sinistra interna ed esterna al PD, la destra, Giustizia e Libertà, i sindacati, come prima e per sempre, contro Renzi, e tutti insieme alleati proprio con Forza Italia, proprietà di Silvio Berlusconi, in una battaglia di democrazia contro una deriva autoritaria che non c’è, ma ci sarà, se l’unica arma che conosciamo è lo scontro per fini politici.

Siamo a questo punto, solo perchè non esiste comunicazione tra le parti, ed il problema è prettamente politico, cioè l’incapacità di dare dignità all’avversario, e tutto, si riduce a lotta per la conquista del potere.

È anche il fallimento di una classe intellettuale, anche questo è un eufemismo, schierata nella battaglia politica, nel tentativo di farsi ammirare per la sua superiorità etica.

L’Italicum è legge, non è la migliore legge, sarà anche pessima, ma è il prodotto di un inconcludenza tutta italiana.

L’Italia, non solo l’Italicum, è figlia della consolidata incapacità al dialogo che  Norberto Bobbio considerava come condizione essenziale allo sviluppo della società.

In assenza di dialogo siamo sottosviluppati e sappiamo produrre solo Italicum.

Infine, strettamente legata all’Italicum, c’è anche la posizione di Sergio Mattarella.

Allora, è impensabile che il presidente della Repubblica possa “non firmare”. Significherebbe sfiduciare Matteo Renzi, e fare, quindi, quello che il Parlamento non è stato capace di fare. Nella fattispecie un atto politico.

Sarebbe costituzionale, ma politicamente un suicidio nazionale, inconciliabile con il ruolo che ricopre, che prima ancora di essere costituzionale è di responsabilità nazionale.

Al massimo gli invierà un Twitt, poche battute: @matteorenzi #staisereno

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