Un 1 Maggio di dolore e rassegnazione in Sicilia, ma anche di lotta e di riscossa pensando a Portella della Ginestra

1 Maggio Gaetano Porcasi artista Giacomo Palumbo Portella della Ginestra
1 Maggio Gaetano Porcasi artista Giacomo Palumbo Portella della Ginestra

Diventa sempre più difficile, almeno al Sud, in Sicilia, in provincia di Siracusa più di ogni altro luogo, festeggiare e ricordare il  Primo Maggio, festa dei lavoratori e del lavoro, nel suo senso originario di “festa”.

Per noi, per questa terra, quella data, per cui bisogna coltivarne la memoria, rappresenta dolore, ricordando la prima strage politico-mafiosa subito dopo la nascita della Repubblica, quella di  Portella della Ginestra, il 1 Maggio 1947, dove si trovavano i braccianti della zona con le loro famiglie, per manifestare contro i latifondisti e per rivendicare l’assegnazione delle terre.

La mano che fece fuoco a colpi di mitra e bombe a mano fu quella della banda Giuliano, lasciando a terra 11 morti e oltre una trentina di feriti, tre dei quali moriranno successivamente. Ma le mani che armarono Giuliano furono quelle dell’intreccio affaristico criminale, politico-mafioso, terrorizzato dalla determinazione di quei braccianti di rompere le catene dello sfruttamento, rivendicando le terre da rendere produttive col sudore della propria fronte, riconquistando libertà e dignità.

Terrorizzati, nello stesso tempo, dalla vittoria alle elezioni regionali, del “Blocco del Popolo” di comunisti e socialisti, che avevano superato abbondantemente la Democrazia Cristiana.

Una data, il 1 Maggio, che ancora oggi, in questa terra, rappresenta dolore e disperazione per il lavoro che manca, per la dignità calpestata e per una libertà mai conquistata.

In Sicilia, due giovani su tre sono senza lavoro, la disoccupazione giovanile va oltre il 60%, con punte del 70% in alcune aree. Questa è la regione europea con il più basso tasso di occupazione, solo il 42,4% delle persone tra i 20 e i 64 anni ha un lavoro, con una occupazione femminile che si ferma ad appena il 29,6% (donne tra i 20 e i 64 anni).

Dolore, disperazione, povertà, ripresa dell’emigrazione, soprattutto giovanile, crescita del lavoro nero (quando c’è), quello  malpagato e sfruttato, con le forme irregolari di sempre, e con le nuove, quelle “regolari” dei voucher che ne dimezzano il guadagno.

In questa terra, i dati forniti proprio ieri dall’Istat, sulla ripresa dell’occupazione e del calo a marzo della disoccupazione all’11,4% (livello minimo dal dicembre 2012), e di quella giovanile al 36,7% (anche in questo caso ai minimi dal 2012), non hanno alcun senso, perché in un contesto generale di “rassegnazione”, nessuno si è accorto di questo “miracolo”. Qui la lancetta dell’indicatore rimane sempre in alto, il doppio del dato medio.

Dati che confermano che viviamo nel Paese delle doppie velocità, delle opportunità a senso unico, verso il centro-nord, dei diritti non garantiti a tutti, di una Carta Costituzionale, almeno quello che ne resta, i cui principi fondamentali non sono per tutti, pur essendo patrimonio collettivo.

Di fronte ad un quadro sempre più desolante e nero, al silenzio e all’indifferenza della politica e dei governi, seppur nel dolore, la rassegnazione non può diventare il futuro degli uomini e delle donne di questa terra.

Bisogna che tutti insieme, in particolare i giovani, riprendano lo spirito di riscossa del 1 Maggio, raccogliendo la bandiera della lotta dei braccianti di Portella di Ginestra, per onorarne la memoria e per rompere le catene che ci vogliono ancora subalterni, sfruttati, poveri e rassegnati.

Il 1 Maggio, allora, anche per questa terra, potrà rappresentare la festa, la speranza, e un futuro migliore.

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