Siracusa – Le cronache politiche di questi giorni ci raccontano di un nuovo scontro interno al Partito Democratico, questa volta non in via Socrate, ma al Vermexio, nel gruppo consiliare.
Nove consiglieri su 12 hanno sottoscritto un documento di sostegno al capogruppo, il lettiano Francesco Pappalardo, dopo che il gruppo ha decretato l’espulsione di Simona Princiotta, eletta nella Lista Mangiafico e transitata poi nel PD, nell’area Marziano-Zappulla. Tra i firmatari non c’è la consigliera e segretaria provinciale Carmen Castelluccio.
Le motivazioni di questa decisione risiederebbero nel fatto, sostiene la maggioranza dei consiglieri comunali, che la Princiotta farebbe azione di ostruzionismo ai lavori del gruppo e all’attività dell’Amministrazione a guida PD. Dopo le accuse sul bando degli Asili Nido, le viene contestato di aver presentato, nei giorni scorsi, ben 400 emendamenti al Bilancio di previsione, che poi non ha neanche votato assentandosi dall’aula, un po’ come quel gruppo di deputati della minoranza che ieri alla Camera, al momento del voto sul Jobs Act di Renzi, hanno abbandonato l’aula per non votare.
Ora, al di la di come si risolverà questa nuova vicenda, le diatribe interne al PD tornano in piazza, sotto i riflettori, ad occupare gran parte del dibattito politico, quasi fossero prioritarie rispetto ai problemi che si trovano ad affrontare quotidianamente i cittadini e gli stessi enti, ad iniziare dal Comune.
Come se il voto “astensionista” in Emilia ed in Calabria (dove comunque, anche se nel poco, ha vinto il PD), non avesse lasciato il segno, e il forte calo del tesseramento, che ha portato il suo segretario nazionale a lanciare il “partito degli elettori” rispetto al “partito delle tessere”, fosse stato già dimenticato. E dire che proprio le tessere, solo per ricordarlo, poco più di un anno fa, furono l’oggetto dello scontro siracusano e dalla spaccatura del Partito Democratico di via Socrate, e per caduta in tanti Circoli della provincia.
Viene allora da chiedersi chi sono nemici del PD siracusano. E la risposta non può che essere: “Gli stessi militanti e dirigenti del PD”.
Si può riassumere così l’ormai “pesante”, e nello stesso tempo “noioso”, scontro interno al Partito Democratico, che da due anni tiene banco solo ed esclusivamente sulle pagine dei giornali, le Tv e il web. Al centro del contendere non ci sono ideologie, strategie politiche, azioni amministrative o scelte per la città, niente di tutto questo, visto che il programma amministrativo e le liste, ad esempio per il Comune capoluogo (ma così è anche a livello nazionale), sono frutto di un’operazione comune e condivisa che alla fine, come si ricorderà, portò all’elezione a sindaco di Giancarlo Garozzo e il PD a diventare il primo partito con 11 consiglieri comunali e, ancora, ad avere due deputati regionali e due parlamentari nazionali.
Ma allora, si chiede il comune cittadino-elettore, su cosa litigano e si stracciano le vesti i dirigenti del partito nato dalle ceneri di quello che fu il Pci di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, o se si vuole, per non fare torto a nessuno dopo la fusione con la Margherita e Popolari, anche di parte della DC di De Gasperi e Moro, come si citava una volta per tracciare la storia di grandi partiti la cui azione è stata fondamentale per la nascita della Repubblica e il rafforzamento della democrazia nel Paese?
Semplice. Così come emerso dalle cronache stampa quasi quotidiane di questi due anni, quantomeno dalla celebrazione dell’ultimo Congresso che poi portò all’elezione a segretaria provinciale di Carmen Castelluccio e non di Liddo Schiavo, quindi non da confronti tra le parti o dibattiti interni negli organismi di partito, che non ci sono stati (confronto che non c’è stato neanche in fase congressuale per l’assenza di una parte), ma leggendo solo i giornali e ascoltando la Tv, le liti e il braccio di ferro, alla fine, si concentrerebbero solo ed esclusivamente sul “peso” che ogni area o gruppo deve avere per poter “contare “ di più.
Una volta si diceva “per avere potere”, oggi, nonostante le trasformazioni sociali, dei partiti, della sinistra, della società, ed anche del linguaggio, chi sa perché ma si dice sempre allo stesso modo. Vuol dire che il potere non cambia, non si mette in discussione, non coglie le “trasformazioni”.
E questo è un problema, perché, come stiamo assistendo in quest’ultimo periodo, un potere che non sa mettersi in discussione e cambiare, non riesce a dare risposte ai conflitti sempre crescenti che emergono nella società. Il PD, ahimè, non è escluso da tutto ciò, per cui, con le giuste differenziazioni e responsabilità (nazionale, regionale, locale), vive questo passaggio.
La fotografia di questo racconto si può riassumere (non senza provarne rammarico da cittadino che preferisce il confronto allo scontro fine a se stesso) proprio in questo balletto tutto siracusano sul riconoscimento o meno del congresso del PD, dei suoi organismi, sull’opposizione ad oltranza all’amministrazione Garozzo, sul “dimissionamento” della Princiotta, sulle decisioni dei pochi sui molti, sulla difesa del proprio orticello rispetto al più ampio e produttivo “bene comune e collettivo”, e così via discorrendo. Insomma, in questo arroccamento delle parti.
L’impressione è che qualcuno abbia paura di perdere qualcosa, e allora preferisce intorbidire le acque per non fare vedere il fondo, accumulando strati di sedimentazioni che poi sarà difficile rimuovere. Un po’ come le bonifiche nella rada di Augusta. Tutti si dicono “puri”, ma alla fine qualcuno ha inquinato, continua ad inquinare, e però nessuno rimuove, e così tutto resta come prima.
E allora, le domande che si pongono i cittadini, e che più di altri dovrebbe porsi il gruppo dirigente di questo partito (e in questo non c’è distinzione di gruppo o di appartenenza, ma nel suo complesso), è sapere quale futuro immagina per se stesso il PD siracusano, e su quali basi, stando così le cose, intende costruirlo.
Il resto sono chiacchiere che il vento porta via.