Editoriale. La Barcaccia e Roma vittime della politica dei “due pesi e due misure”

 

La Barcaccia di Pietro Bernini a Piazza di Spagna a Roma vittima della politica dei “due pesi e delle due misure”. Un po’ come la scalinata di Villa Reimann a Siracusa crollata, non si sa se per incuria, per devastazione o per il maltempo, comunque sia, essendo suonato il campanello d’allarme tempo addietro in tempi meno sospetti, qualcosa dovrà far pensare.

Ma torniamo alla Barcaccia ridistrutta dopo il recente restauro (costato 200 mila euro)  e ai “barbari” immigrati dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, che a differenza dei “poveri cristi” dalla pelle scura che fuggono dalle guerre e dalla miseria, scappano dalla noia e dal super-benessere del nord Europa, in questo caso la terra dei tulipani e dei mulini a vento, l’Olanda.

La Barcaccia come lasciata dagli ultras del Feyenoord
La Barcaccia come lasciata dagli ultras del Feyenoord

Nella città più controllata d’Italia, e sicuramente d’Europa, Roma, dove ci sono le sedi del Presidente della Repubblica, del capo della cristianità, il Papa, dove  sono allocati il Parlamento e i vari Ministeri, dove c’è l’area archeologica e le opere d’arte più importanti al mondo, ci si chiede se è mai possibile che 400 scalmanati e ubriaconi, possono circolare liberamente per la Capitale, trasformando in latrine le più belle piazze del “Belpaese”, mettere a ferro e fuoco Campo de’ Fiori, Piazza del Popolo e infine Piazza di Spagna, distruggendo irreparabilmente una delle più belle fontane che questo grande patrimonio di storia e arte possiede.

Certo, non erano le tutte blu della Fiom scese a Roma per rivendicare interventi per non perdere il posto di lavoro che garantisce il sostentamento loro e delle loro famiglie. Non erano neanche disperati, uomini donne e bambini, provenienti dalle zone di guerra che infiammano l’Africa e il Medioriente, in fuga da miseria, violenze e stupri. Per gli uni e per gli altri, purtroppo, pesi e misure sono stati e sono diversi nel “Belpaese”.

Nel primo caso, cordoni e manganellate per non farli circolare nelle strade capitoline. Nel secondo caso, imbarco immediato e voli speciali per ricondurli ai Paesi d’origine, dopo magari una sosta forzata in quelli che chiamiamo Centri d’accoglienza, dove la promiscuità e le sbarre sono d’obbligo.

Premesso che nessuno incolpa i lavoratori delle forze dell’ordine, uomini e donne che ricevono ordini e che in piazza ci mettono la faccia e le loro vite,  è chiaro che qualcuno in alto questi ordini li impartisce.

E gli ordini al quale tutti noi abbiamo assistito erano racchiusi giovedì 19 febbraio sugli spalti dell’Olimpico, settore ospiti, per l’incontro dei sedicesimi di finale dell’Europa League tra Feyenoord e Roma. Perché quei 400 scalmanati e ultras olandesi che per due giorni hanno devastato il centro della Capitale e ferito 15 poliziotti, non sono stati rimandati indietro o chiusi da qualche parte, ma comodamente accompagnati in autobus (tra l’altro dei 26 messi a disposizione dall’Atac 15 sono stati danneggiati) a vedere la partita di pallone, il loro sogno.

Due pesi e due misure, di cui dovrebbe tenere conto chi sta al vertice della piramide degli ordini, ad iniziare dal ministro dell’Interno e dal presidente del Consiglio dei Ministri. Senza scordare che quei danni irreparabili alla Barcaccia,  alla città di  Roma e ai tanti proprietari di negozi, esercizi pubblici, auto e moto danneggiate,  vittime di questo sistema di misure, nessuno intende pagarli.

 

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