
SIRACUSA – Neanche un paese del terzo mondo, di quelli che ancora, purtroppo, debbono spiccare il volo dello sviluppo, è come la Sicilia dal punto di vista infrastrutturale. Limitiamoci al momento a quello, per evitare di scavare troppo.
In un regione dove sono stati tagliati i treni per il nord, dove le linee ferrate scorrono ancora ad un unico binario in gran parte della rete, dove per arrivare da Catania a Palermo sembra di essere sulla transiberiana per la lunghezza del viaggio, dove per fare qualche chilometro di autostrada come la Siracusa – Gela ci voglio sessantanni e neanche si è arrivati alla fine, dove crollano addirittura i piloni dei viadotti autostradali tagliando l’isola in due.
Dove le strade delle aree ad agricoltura intensiva (serre, agrumicoltura, viticoltura), o archeologiche, sembrano trazzere, e dove si muore per l’insicurezza delle stesse arterie, come sulla Catania – Siracusa (che poi passa da Lentini e Francofonte) – Ragusa, la famosa 194, di forte impatto per l’economia e i percorsi culturali dell’isola, che attraversa tre province, ovvero tutto il sud-est siciliano.
Ecco, quando i siciliani incominciano a sperare di avere un miglioramento infrastrutturale dopo generazioni di attese (non qualche anno come avviene in altre parti d’Italia), va a finire che si ripiomba nel buio e nel dimenticatoio. Spegnendo quella piccola fiammella della speranza che in questi ultimi anni si è accesa anche nelle giovani generazioni che hanno deciso di rischiare, restando ed investendo in Sicilia.
Al di la dei pilastri crollati che per anni adesso ci separeranno dalla capitale palermitana, la SS 194, la “ragusana“, teatro di centinaia di incidenti anche mortali, e “arteria strategica” per lo sviluppo di una parte importante dell’isola, sino ad ieri era inserita nel Piano delle Infrastrutture Strategiche del Ministero delle Infrastrutture, così almeno con la guida di Maurizio Lupi (Ncd), quello delle telefonate per promuovere il figlio e del Rolex da dieci mila euro regalato sempre al suo rampollo per la laurea, da un imprenditore che avere rapporti di lavoro col Ministero.
Con il cambio di guida al Ministero, e l’ingresso dell’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio (Pd), magicamente, la Catania – Siracusa (Lentini – Francofonte) – Ragusa, scompare dal Piano delle Infrastrutture Strategiche, quasi fosse il ponte sullo Stretto, spegnendo quella lieve speranza dei siciliani del sud-est di viaggiare in sicurezza e di vedere crescere gli strumenti del loro sviluppo.
Sono 30 le opere che Delrio ha inserito nell’elenco da realizzare e tra queste la 194 non c’è più.
Eppure Delrio dovrebbe conoscere la realtà di questa parte dell’isola, così come quella interna, considerate le sue presenze nell’isola in quest’anno di governo Renzi.
Evidentemente lo Stretto si allarga sempre di più, sia dal punto di vista culturale che da quello politico, con una Regione allo sfascio che non riesce a “contare” nulla. Sempre posizionata a mano tesa a chiedere l’elemosina, non per far star meglio i siciliani, ma per tappare i buchi finanziari prodotti da una classe politica sorda ai richiami e al grido d’allarme che arriva dalla gente e dai territori.
«Una mortificazione insopportabile per la provincia di Siracusa e per quelle di Catania e Ragusa – afferma il deputato regionale Ncd, Enzo Vinciullo, collega di partito dell’ex ministro Lupi – che, attraverso la realizzazione di questa opera, erano sicuri di poter non solo garantire occupazione per i prossimi anni, ma, soprattutto, un collegamento celere e sicuro tra le tre province siciliane.Arrivati a questo punto, o si corre subito ai ripari, costringendo il ministro Delrio a inserire tra le 31 opere strategiche la Catania – Lentini – Ragusa, oppure credo che per il Nuovo Centrodestra l’unica cosa da fare è quella di uscire da questa maggioranza e passare all’opposizione. La sostituzione del ministro Lupi, pervicacemente voluta da Renzi, che pure si tiene nel Governo cinque sottosegretari con qualche problema giudiziario, comincia a fare sentire i primi nefasti risultati per la Sicilia».
Una decisione che riporta il sud-est siciliano indietro di 20-30 anni, tanti sono gli anni di lotte e di inutili richieste ai vari governi per mettere in sicurezza la 194 e garantire opere infrastrutturali di sostegno allo sviluppo dell’agricoltura e della zootecnia.
Ma questo è il Sud del Sud, oltre cinque milioni di abitanti, visti solo come serbatoio di voti, una volta per una maggioranza (chi dimentica il 61 a zero di qualche anno addietro che non produsse nulla nell’isola), ed ora per questa nuova maggioranza che continua a non produrre nulla.
Mai un passo avanti!