Palermo – Hanno protestato ancora una volta insieme, i Comuni, con i sindaci e l’AnciSicilia, le Associazioni ambientaliste, da Greenpeace a Legambiente, al Wwf, ai Comitati spontanei “No Triv”, alle Associazioni dei pescatori che vedono morire il loro mare e la loro attività se continuano le trivellazioni petroliferi e per il gas, autorizzate dal decreto Sblocca Italia e dalla governo regionale presieduto da Crocetta, che con i petrolieri un accordo l’ha già firmato per Gela e per il Canale di Sicilia.
La richiesta dei tanti, che oggi pomeriggio erano davanti a Palazzo d’Orleans, è proprio rivolta principalmente a lui, al governatore della Sicilia, colui che doveva fare la rivoluzione che è subito abortita davanti ai problemi economici di una Regione (3 miliardi a quanto pare il buco) che non riesce a decidere su nulla, soprattutto, su quale debba essere il futuro, in termini di sviluppo, dell’isola.
Per Crocetta, a cui si chiede di impugnare, così come hanno già fatto i governatori di Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto, la legge 166/2014 di conversione del decreto 133/2014, la famosa Sblocca Italia, il futuro girerebbe attorno al vecchio sistema del petrolio e della raffinazione (ma ormai in Sicilia il petrolchimico è fortemente in crisi come dimostrano le dismissioni nell’area industriale di Siracusa), e non nel modello “sostenibile” che reclamano i sindaci con l’AnciSicilia, per valorizzare le produzioni di qualità e le risorse culturali e turistiche di una terra che non vuole più essere “sfruttata e abbandonata”, né tantomeno piattaforma militare nel Mediterraneo come sta avvenendo con il Mous, piuttosto una piattaforma di speranza per i tanti giovani costretti ad andare via.
La Sicilia ha ben altro da offrire, ma un abisso divide il modello Crocetta-Eni da quello dei sindaci e dell’Anci, affiancati dal sistema di azione locale dei Gal e delle Agenzie di sviluppo.