Il dibattito sul Referendum: latitante

Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca (Pd), nel riquadro il vice presidente della Camera, Luigi Di Maio (M5S)
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca (Pd), nel riquadro il vice presidente della Camera, Luigi Di Maio (M5S)

Le due feste di partito, quella del Fatto Quotidiano alla Versialina e quelle dell’Unità in giro per l’Italia sono uno spaccato interessante della realtà politica italiana.

Poi c’è il “coast to coast del racchettamento”.

Bene, alla festa del Fatto, quando Fabrizio Barca, regolarmente invitato, ha manifestato la sua indecisione sul referendum. Si è innalzata una composta, ma univoca contestazione da parte del pubblico, come dire, qui è No.

Nell’altra festa, dove c’era tutto un altro belvedere, è accaduto che, un gruppo di persone, imbucate e non invitate, ha esposto volantini, bandiere e contestato il ministro Maria Elena Boschi, la riforma e tutta la deriva autoritaria. Ma li è Si.

Situazioni diverse, ma testimoniano un assenza di dialogo, una divisione per comparti stagni della politica e della società italiana.

Dove non succede mai nulla è nello spettacolo viaggiante del Dibba. L’arrivo del messia è già una festa. Nessuna contestazione, nessuna scorta e soprattutto nessun contenuto.

Eppure per agevolare il confronto la soluzione c’è.

Un dibattito pubblico tra il candidato in pectore a Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ed il governatore campano Vincenzo De Luca sul tema: “Il webmaster chi l’ha portato in politica?” .

Tutto questo per dire che, in assenza di dialogo non ci resta che buttarla nella nuova politica delle polemiche.

 

I Cinque Stelle. Un nuovo “mascarato”

Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo
Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo

Tra gli analisti dei ballottaggi mi ha intrigato la tesi esposta nel blog del Fatto Quotidiano del maestro e giornalista Alex Corlazzoli. Condivido pochi suoi pensieri, ma trovo interessante leggerlo.

L’ultimo colpo del maestro si intitola: “Non hanno vinto solo i 5 Stelle ma le persone normali”.

Detta così, mi è sembrata la solita boutade antirenziana, anche perchè, appena sopra, c’era un altro articolo che spiegava, “Perchè il renzismo sta sulle palle a tutti

Ho pensato ai soliti “fattacci faziosi” dei blogger del Fatto, incapaci di guardare le sfumature ed colori interi, che esistono tra il bianco ed il nero.

No. Per una volta mi sono, quasi, sbagliato.

Ho letto l’interessante articolo di Alex Corlazzoli. Ha fatto centro, uno solo, il resto sono le solite “lucubrazioni” antirenziane. La gente “normale” ha votato volti “normali”. Questa è stata la percezione del popolo normale e vincente, rispetto agli anormali perdenti.

Detto questo, rimangono le “anormalità” che normalmente si leggono sul Fatto. Collegare la sconfitta del premier alle imposizioni dall’alto delle riforme sulla Buona Scuola  o sulla Costituzione è fuorviante.

Diciamoci la verità. Matteo è furbo, ed al cospetto della giovane età, è un politico navigato, però c’è una pregiudiziale nei suoi confronti che prescinde ed è antecedente ai suoi provvedimenti. Qualsiasi apertura iniziale di Renzi è stata “bollata” come indiscutibile. Di più, non solo il fronte del NO non ha inteso discutere alcun provvedimento, ma  l’avanguardia, sempre del NO, ha vietato proprio di parlare con il premier.

Sostenere infine che “ha perso il leaderismo (i due Matteo, Berlusconi) e il partitismo”, mi sembra paradossale.

E Beppe Grillo? Il leaderismo di Beppe Grillo dove lo mettiamo?

Non c’è leader più leader di un capo come Beppe Grillo. I rappresentati del popolo grillino si ostinano a chiamarlo garante, ma il popolo lo considera capo gregge, a tutti gli effetti.

È accaduto semplicemente che, nella percezione del popolo sovrano normale, i rappresentanti dei Cinque Stelle sono considerati normali, e soprattutto sperano che il nuovo capo gli risolva qualche problemino.

Però, in tutta questa storia, non c’è nulla di nuovo.

Il movimento diventa sempre più partito del popolo, come gli altri, e sarà costretto, suo malgrado, a passare dall’antipolitica alla politica, e quindi essere tutto ed il contrario di tutto. A quel punto i volti non saranno più normali, saranno percepiti come  “anormali”, nel frattempo arriveranno altri “normali” con volti normali a “sfanculare” ed “asfaltare” gli ex volti normali.

La novità di 5 Stelle, nei fatti non c’è.

Il vero nuovovolto normale”, decisivo e definitivo è quello di un popolo normale che si interessa dei propri problemi senza avere come fine, nè principale nè secondario, il potere.

Quello si, è un popolo forte, a cui non serve scendere in piazza a cose fatte per “demolire” le decisioni del governo, e per meri scopi di potere essere strumentalizzato a destra e a manca. Quello sarebbe un popolo non interessato al potere, ma a quello che “produce”.

Questo nuovomascarato” è soltanto un competitor, come gli altri, nel campionato italiano del potere.

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La ballata dei numeri sulle elezioni amministrative

Il_Gattopardo
La scena del ballo ne “Il Gattopardo” di Luchino Visconti (1963)

Signori si balla…

Nessuno perde, al massimo qualcuno “appatta”. Dovrebbe cambiare tutto, invece non cambia niente. Ma non c’è da meravigliarsi questa è la politica, anzi la vita, nella molteplicità, nella diversità di valutare le “cose” si cela il vero mistero dell’esistenza.

Mettiamola così: l’imparzialità nell’interpretazione degli accadimenti si “blocca” al cospetto dell’utile personale.

I partiti, dai 5 Stelle al PD, i giornali di partito, dal Fatto Quotidiano all’Unità, i Ballarò  e i DiMartedì, i Corrieri e le Repubbliche, ognuno con la propria versione dei fatti, come se fosse per ognuno una favola diversa.

Ilbello della ballata” è che hanno ragione tutti. Si tratta di mezze verità, di un continuo appello alla teoria della relatività, ognuno rapporta il dato con quello più conveniente.

Se guardiamo alle amministrative, ai sindaci, occorre aspettare i ballottaggi, e il 19 può accadere di tutto, anche qualche giravolta.

Però, in occasione di ogni elezione, ogni qual volta i cittadini elettori entrano (votanti) o non entrano (astenuti) nella cabina elettorale c’è sempre un risvolto politico, il quale misura il rapporto tra l’elettore e le singole forze politiche, ma anche quello tra le istituzioni ed i cittadini.

Di cinque Stelle e PD abbiamo parlato nei giorni scorsi… veniamo alle ali.

Ora, il centrodestra, lacerato dalle divisioni, è facilmente “compattabile” basta uno schioccar di dita o qualcos’altro di Silvio Berlusconi è la “frittata” è fatta. Ma, considerato che il “tutto in uno” litigherebbe un giorno si e l’altro pure, meglio lasciarli all’opposizione, in attesa di tempi, leader e idee migliori.

Lasinistra sinistra”, solo quando si “centralizza”, snaturandosi, riesce ad ottenere risultati visibili ad occhio nudo, altrimenti serve il microscopio.

In ultimo c’è la questione di chi è rimasto a casa. Le motivazioni che spingono i “casalinghi” ad evitare la fatica dello “spostamento” da casa al seggio sono tra le più disparate, non è semplice catalogarli, tuttavia riportare questi cittadini alla politica è prioritario.

Invero, un ritorno alla politica vera sarebbe auspicabile per tutti, basta alzarsi dal “davanti la tv” e spostarsi nelle piazze.

I partiti non sono più capaci di gestire una società così complessa, da un lato il cittadino, molto più che nel passato, non è solo di sinistra e neppure solo di destra, dall’altro  partiti (renziani e non) e movimenti (stellati e non) hanno una priorità “raggiungere il potere”.

Ildisposto combinato” di questi elementi spiega la crisi della nostra società e della politica.

Chiaro, occorre “ripensare” una politica nella società.

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Aporie | L’abbaglio del conformismo nell’informazione

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